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"Quando io amo il Mio servitore, divengo l'occhio con cui vede, l'orecchio con cui sente, la lingua con cui parla, la mano con cui afferra, il piede con cui cammina"

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"Niente mi può contenere ma solo il cuore del mio fedele"

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"Ho creato il mondo affinchè potessi essere conosciuto"

 


 
 
il profeta

 

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...NEL MONDO MA NON DEL MONDO

Questa frase è ricorrente nella mistica islamica ma proprio per la sua universalità la si ritrova ovunque. Nella letteratura cristiana la "lettera a Diogneto" la ribadisce. E' anche pertinente al Buddhismo in quanto le narrazioni della vita dell'illuminato evidenziano il suo distacco dagli eccessi ascetici in favore di un equilibrato rapporto tra le esigenze spirituali e quelle materiali. Il mondo visto come sete di vivere da estinguere o come valle di lacrime da espiare, con il conseguente abbandono di tutti i desideri e piaceri (e tra essi quanti sono legittimi! ) porta solo depressione e pessimismo. Il rifiuto del mondo è cosa ben diversa dal valutarlo per quello che è, nella sua realtà provvisoria comportando il ridimensionamento di tutto quanto è importante in chi ha assolutizzato questa vita (prestigio sociale, soldi, piaceri etc.) Di esso v'è da prendere solo quanto abbisogna ed è utile. Eppoi quanti interessi appagano la condizione umana, anche divertenti, manuali ( come il farsi l'impianto elettrico od il tetto di casa, dilettarsi nella cucina ed in opere artistiche d'ogni genere), o speculativi ricercando nuove conoscenze in tutti gli ambiti del sapere... Chi ha detto che tutto ciò è contrario all'evoluzione interiore? Se questa è armonica, per usare un simbolo classico, essa unisce la verticalità all'orizzontalità. Isolandosi dal mondo, dal sociale, dalla natura si impedisce all'essere umano di realizzare le sue possibilità che si dispiegano nell'estroversione . Per questo il Corano riprova il monachesimo di clausura. Anche la vita di Gesù è stata ricca sotto il profilo sociale ed era criticato proprio per questo...mangiava col pubblicano , frequentava ogni genere di persone, viaggiava... Certi momenti, di volontario ritiro introspettivo, assumono ben diversa prospettiva rispetto alla "rinuncia patologica", favorendo invece quell'arricchimento interiore che si riversa poi nel fare, nel sociale . Essere "del" mondo significa vivere esclusivamente per i suoi condizionamenti istintuali e sociali (per sentirsi importanti nelle fittizie gerarchie della burocrazia umana, comprese quelle religiose ). Essere "nel mondo" significa di buon grado accettare tutto quanto è umano ma secondo discernimento. Non si rimane intruppati nelle burocratizzazioni , negli standard retaggio del branco, se l'impulso dominante è un cercare  libero ed autentico.

La natura, la vita, in tutte le tradizioni è vista come ierofania dello spirito che la contempla. Da qui il senso artistico da coltivare e godere, il senso civico per la difesa dell'ambiente naturale ed umano, non con le chiacchiere ma con realizzazioni vincenti. La fede insomma, che dispiega l'anima oltre il fenomenico (stando oltre il concetto, ossia nel "sentire") per quanto limitata nell'oggetto o da sovrastrutture ideologiche (sia pure nella scienza, nel progresso, nell'uomo...) diventa parola ed azione "nel mondo" pur non essendo "del mondo".

 

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