."Vino Mistico"

© Tutte le traduzioni sono di Gabriele Mandel Khân, e sono pubblicate in diversi suoi libri.


  
 

 

Inneggiando a Dio abbiamo bevuto un vino di cui ci siamo ubbriacati, ancor prima che la vigna fosse piantata.

Una falce di luna lo fa circolare. Quante stelle risplendono quando viene versato. Egli è il sole, e il nostro bicchiere è la luna piena.

Senza il suo profumo non avrei potuto trovare la via delle Sue taverne; senza il suo sfavillio la nostra immaginazione non Lo potrebbe concepire.

Il tempo ne conserva così poco che è come un segreto nascosto nel profondo dei petti.

Se il suo nome viene citato fra la gente, questa gente diventa ubbriaca senza disonore e senza peccato.

Lo si fa vedere a poco a poco nel fondo degli orci, e ne rimane in verità solo il nome.

Quando alla fine giunge all’anima di un essere umano, questi è invaso dalla gioia e la depressione se ne va.

Già la vista del sigillo posto sugli orci basta per ubbriacare tutti i convitati.

Se innaffiassero con questo vino la terra di una tomba il morto ritroverebbe la sua anima e il suo corpo recupererebbe la vita.

Sdraiato all’ombra del muretto della sua vigna il malato già in agonia ritroverebbe subito le forze.

Vicino alle sue taverne, al solo ricordo del suo sapore il paralitico riprende a camminare, il muto a parlare.

[....]

Se ti inebbri con questo vino, fosse solo lo spazio di un’ora, il tempo sarà tuo docile schiavo e tuo sarà ogni potere.

Quaggiù ha vissuto solo chi ha gustato questa ebbezza, e non ha ragione alcuna chi non è morto a causa della sua ebbrezza.

E pianga su se stesso colui che ha perso tutta la propria vita senza gustarne la sua razione.

 

`Omar bn âlFâridh (1182-1235)

 

Un mattino una voce veniva dalla taverna. Gridava:

"A me, allegri bevitori. giovani folli, alzatevi!

"venite a vuotare ancora un’ultima coppa.

"Il nostro destino è alle porte, e l’ultimo vino ci è accanto..."

 

cUmar Khayyâm (1048-1131)

 

Avvicinati, mia bella, per la gioia del cuore,

illuminami: vorrei la chiave di questo problema.

Presto, presto, portami del vino

perché presto, con la nostra argilla, faranno degli orci da vino.

 

cUmar Khayyâm (1048-1131)

O tu che non bevi vino, non biasimare quelli che si ubbriacano.

Fra l’orgoglio e l’impostura perché voler tranciare senza fine?

Tu non bevi, e con ciò? Non esser fiero della tua astinenza

e guarda dentro di te: i tuoi peccati sono peggiori del vino.

 

cUmar Khayyâm (1048-1131)

Io voglio bere tanto e tanto vino

che il suo profumo salga dalla terra quando, un giorno, vi sarò sepolto

e i bevitori che verranno a trovarmi, sulla tomba

per effetto di quel profumo si sdraino su di me, ubbriachi morti.

 

cUmar Khayyâm (1048-1131)

Nella moschea, nella madrasa, nella chiesa e nella sinagoga

temono il fuoco dell’interno e cercano il Paradiso.

Il seme di queste preoccupazioni non è mai germogliato nella testa

di quelli che si sono avvicinati al Vino dell’Onnipotente.

 

cUmar Khayyâm (1048-1131)

Che cosa significa "rosa" e "vino" solamente i bevitori lo sanno.

I deboli di spirito e di cuore non varcano mai la soglia.

Non hanno idea di ciò che è nascosto, la loro ignoranza è imperdonabile.

Solo quelli che bevono sono ammessi nel cuore del Signore dei vini.

 

cUmar Khayyâm (1048-1131)

La vita viene e la vita va, a volte dolce a a volte amara.

Uscendo dalle labbra l’anima ci lascia sia a Nisciapur sia a Baghdad.

Alza la coppa e bevi vino, perché dopo di te e di me la luna

passerà dall’ultimo quarto al primo, e dal primo all’ultimo, senza fine.

 

cUmar Khayyâm (1048-1131)

Vino limpido, vino che adoro, vino che brilla più dello smalto,

voglio senza vergogna e senza sosta berti appena ti vedo.

Io, il vecchio pazzo, che dice all’amico entrambi nell’estasi:

"Boccale di buon vecchio vino, la tua terra da dove viene, da dove?"

[dal corpo, sepolto, di un altro essere umano].

 

cUmar Khayyâm (1048-1131)

 

L’uomo di Dio è ubriaco senza vino.

L’uomo di Dio è sazio senza pane.

L’uomo di Dio è perduto, sconvolto.

L’uomo di Dio non mangia e non dorme.

L’uomo di Dio è un re sotto il suo saio.

L’uomo di Dio è un tesoro fra le rovine.

L’uomo di Dio non è fatto d’aria e di terra.

L’uomo di Dio non è fatto di fuoco e d’acqua.

L’uomo di Dio è un oceano senza limiti.

L’uomo di Dio pur senza nuvole fa piovere perle.

L’uomo di Dio possiede cento lune e firmamenti.

L’uomo di Dio possiede cento soli.

L’uomo di Dio è reso sapiente dalla Verità suprema.

L’uomo di Dio non è reso sapiente grazie ai libri.

L’uomo di Dio è di là dall’empietà e dalla religione.

Per l’uomo di Dio il giusto e l’ingiusto sono simili.

L’uomo di Dio ha cavalcato di là dal Non-essere.

L’uomo di Dio è servito con dignità.

L’uomo di Dio è nascosto, o Shams alDìn;

va’ e cerca l’uomo di Dio... dentro te stesso.

Rûmî (1207-1273): Dîvân-e Shams-e Tabrîzî

Il Suo vino mattutino è la nostra preghiera dell’alba, e le sue grazie amorevoli sono la nostra preghiera della sera; tu, il cui desiderio è volto ai cibi prelibati, tu che ti preoccupi della sera, dormi. / Per cercare la pietra filosofale noi ci siamo fusi come il rame; / tu, che consideri il letto e il compagno di letto come la pietra filosofale, dormi.

Poiché tu sei ubbriaco, e barcolli, e ti rialzi, / anche se la notte è passata e l’ora della preghiera è venuta, dormi. / Il destino m’ha tolto il sonno, vattene, giovanotto. / Tu non hai dormito, ma puoi compensare la mancanza di sonno: dormi; / noi siamo prigionieri dell’amore, che ne sarà di noi? / Poiché tu sei prigioniero di te stesso, va’ tranquillamente a letto, e dormi; / sono io quello che mangia il pane delle lacrime, amico mio. E tu quello che mangia cose squisite. / Poiché un cibo delizioso è propizio al sonno, dormi; / sono io quello che ha rinunciato alla speranza e alla vita.

Tu, che hai una speranza gaia e felice, dormi. / Io ho lacerato il vestito di lettere e ho abbandonato la parola; / a te dunque, che non sei nudo, si addice una tunica. Vattene dunque, e dormi.

 

Rûmî (1207-1273): Dîvân-e Shams-e Tabrîzî, 314

 

L’Amico è venuto con la pace, compagni miei! / Che fate lì seduti davanti alla porta? / Il momento della separazione e dell’attesa è passato; / entrate nella casa, se siete dotati di intelligenza!

Il sole della bellezza si è esposto agli sguardi; / toglietevi i vestiti davanti ai suoi raggi. / Le usanze dell’amore ignorano le convenzioni; / per la comunità dell’amore, è l’Amore che detta legge.

Il vino dell’amore riduce a nulla il buon-nome e l’onore, / non restano né prìncipi, né mendicanti. / L’amore, pieno di gioia si unisce al nostro spirito / come signori che vengano a mescolarsi agli schiavi.

 

Rûmî (1207-1273): Dîvân-e Shams-e Tabrîzî, 317

O innamorati, innamorati! E’ giunto il tempo dell’unione e della visione! / Dal cielo è giunta una voce: "O bellezze simili alla luna, salute a voi! / O cuori gioiosi, o cuori gioiosi! Ecco che si fa avanti la gioia, strascicando il suo vestito: / abbiamo preso come catene i suoi capelli, essa ha afferrato il lembo del nostro abito.

Il vino infuocato è versato, vattene lontano, demone della tristezza. / O anima che temi la morte, allontanati. Vieni, Coppiere eterno / di cui sono ebbri i sette cieli! Siamo come una palla nella tua mano. / Salute a Te; a Te, da cui dipende la nostra esistenza.

O menestrello dall’alito soave, agita ad ogni istante la Tua campanella. / O gioia, sella il tuo corsiero! O brezza del mattino, soffia sulle nostre vite! / O suono del flauto dalle belle storie, nel tuo canto c’è la dolcezza dello zucchero. / Giorno e notte dai tuoi canti mi viene il profumo dell’amore. / Ricomincia a suonare, accorda di nuovo il tuo strumento. / Sii più fiero delle altre bellezze, oh sole dal viso radioso...

Silenzio! Non strappare il velo; vuota la coppa dei Silenziosi, / sii discreto, sii discreto! e impara la pazienza da Dio.

 

Rûmî (1207-1273): Dîvân-e Shams-e Tabrîzî, 34

L’anima della quale notte e giorno Dio è l’amico

si trova di fuori dal giorno e dalla notte.

Il coppiere dei coppieri è un Beneamato magnanimo:

il Coppiere, la coppa, il vino sono tutti eterni.

 

Rûmî (1207-1273): Rubâi’yât.

 

Che fare, musulmani? Non riconosco più me stesso. / Non sono cristiano, né ebreo, non guebro né musulmano. / Non sono dell’Oriente né dell’Occidente, né della terra né del mare, / non provengo dalla natura, né dai cieli nella loro evoluzione. / Non appartengo alla terra, o all’acqua, o all’aria, o al fuoco; / non sono dell’empìreo né della polvere; non dell’esistenza né della non-esistenza.

Non sono indiano o cinese, bulgaro o che altro, / non appartengo al regno dell’Iràq né al paese del Khorasàn. / Non sono di questo mondo, né dell’altro, / non del paradiso né dell’inferno, e non vengo da Adamo, / da Eva, dall’Eden o dal Rizwan.

Il mio posto è d’essere senza posto, la mia traccia è d’essere / senza traccia; non ho corpo né anima / perché appartengo all’Anima del Beneamato. / Ho rinunciato alla dualità, ho visto che i due mondi sono uno solo / e Uno solo cerco, Uno solo so, Uno solo vedo, Uno solo chiamo.

Egli è il Primo, Egli è l’Ultimo, è il Manifesto e il Nascosto; / non conosco altro che "O Lui" e "O Lui, che E'". / Ebbro di questa coppa d’amore, che me ne faccio dei due mondi? / Ho per scopo solo questa ebbrezza e l’estasi. / Se ho passato un solo istante della mia vita senza di Te, / di questo istante o di questa ora io mi pento. / Se in questo mondo ottengo un solo istante con Te / calpesterò con i piedi i due mondi e danzerò in trionfo per sempre.

O Shàms di Tabrìz, sono così ubbriaco del mondo / che conosco oramai solo esaltazione e ubbriachezza.

Rûmî: Dîvân-e Shams-e Tabrîzî (edizione del 1416),

ma presumibilmente apocrifa.

 

Ai Suoi servi particolari Dio offre il vino del mondo segreto che bevono solo gli affrancati [parafrasi del Corano, 76ª5-6: I giusti berranno da una coppa la cui mistura sarà di canfora. I servi di Dio berranno a sorgenti che Noi faremo fluire fluentemente].

Essi offrono un bicchiere colmo di quel vino a chi è rimasto dietro il velo, ma la cui sensibilità può percepire di quel velo soltanto il nome; da sé non può vedere.

Egli non può vedere con i suoi occhi il loro aiuto, e non potendo ascoltare il loro invito sulla giusta via distoglie il volto da loro.

Se nella gente vi fosse un passaggio dalle orecchie alla gola, il segreto del consiglio sarebbe entrato nei loro cuori.

L'anima di una persona cosiffatta è interamente fuoco e non luce; in un fuoco così bruciante si gettano soltanto le bucce.

Il contenuto è uscito dalla buccia, la buccia della parola è passata e andata..; il ventre si riscalda e si rinvigorisce forse con le bucce?

Il fuoco della Geenna brucia solamente la buccia; il fuoco non ha nulla a che fare col contenuto.

E se il fuoco bruciasse il contenuto, sappi che è per cuocere, non per bruciare.

Rûmî: Mathnawî. Libro VI° - Distico 3922 e ss

È abominevole e condannabile dare un ordine a chi è incapace di obbedire, e incollerirsene sarebbe ancor peggio, soprattutto da parte del Signore misericorde.

Un bue è picchiato se rifiuta il gioco, ma sarebbe mai picchiato per il fatto che non vola?

Dato che il bue non viene giustificato per la sua riottosità, perché dovremmo giustificare e perdonare il proprietario del bue?

Se non sei ammalato non ti fasciare la testa: hai il libero arbitrio, quindi non ti rendere ridicolo.

Sforzati di ottenere la grazia della coppa di Dio; allora diverrai distaccato e senza una volontà propria.

Allora ogni volontà apparterrà a questo vino, e sarai del tutto scusato, al pari di un uomo ubbriaco.

Picchierai qualcuno? Sarà stato il vino a batterlo! Caccerai via qualcuno? Sarà stato il vino a cacciarlo via!

L’essere umano che ha bevuto il Vino dalla coppa di Dio non potrà compiere altro che azioni giuste e buone.

I maghi dissero a Faraone: "Fermati: chi è ubbriaco non si preoccupa delle proprie mani e dei propri piedi [conformemente ai Versetti del Corano 26ª46-50: I maghi allora caddero prosternati. 4746 Dissero: "Noi crediamo nel Signore dei mondi, il Signore di Mosè e di Aronne!" 4948 Disse: "Voi gli credete prima che io vi autorizzi? Certamente egli è il vostro capo, vi ha insegnato lui la magia! Imparerete! Vi taglierò la mano da un lato e il piede dall'altro, e poi vi farò crocifiggere." Dissero: "Non è grave, certo torneremo dal nostro Signore].

3110 "Il Vino dell’Unico è le nostre mani e i nostri piedi, e la mano apparente è un’ombra senza valore."

Jalâl âlDîn Rûmî: Mathnawî. Libro V*, distici 3101-3110

 

Le mani di quelli che prendono la nostra mano saranno colmate. / Ieri il giardino e il roseto sono sorti dai boccioli, / perché dall’alba hanno ricevuto da bere da quelli che sono ubbriachi. / Chiudi le tue labbra come un’ostrica. Tu sei ubbriaco, non andare più oltre / affinché siano le anime risvegliate all’invisibile a venire da questa parte.

 

Rûmî (1207-1273): Dîvân-e Shams-e Tabrîzî, 30

Coloro che sanno, e che a volte vengono detti ubbriachi o veggenti, per essi il vino, la festa, il coppiere e il menestrello, i magi, il monastero, la campana, il fuoco sacro o la mezzaluna, e via e via... designano segreti nascosti che si esprimono per mezzo di simboli. Se penetri il loro segreto saprai che l'essenza di questi misteri è l'Unità di Dio, e null'altro esiste, tranne Lui.

 

Sayyed Ahmad Hâtef Isfahânî (XVIII s.)

 

In una coppa c’è del vino. C’è chi considera la coppa, si fissa sui suoi valori, e non s’accorge che contiene vino. C’è chi si interessa solo al vino, e della coppa non glie ne importa niente. C’è chi ritiene che il vino è proibito, e passa oltre sdegnato; e c’è chi, essendo cieco, non s’accorge né della coppa né del vino. Eppure Dio ha offerto a tutti una divina coppa di amore.

 

Gabriel Mandel (XX° secolo)

 



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