"SUL VELO"

Assemblea del Parlamento Francese

seduta dell'8 ottobre 2003 sotto la presidenza di Jean-Louis DEBRE'

 

ESTRATTO DELL’AUDIZIONE DI M. Dalil BOUBAKEUR,

presidente del Consiglio francese del culto musulmano (CFCM)

e rettore della Grande Moschea di Parigi.

 

Presidente: Vi ringrazio per il tempo che dedicate a una questione che ci preoccupa e preoccupa anche voi. Desideriamo porvi alcune domande in proposito; mentre ricordo ai miei colleghi tutte le vostre opere interessanti, istruttive e molto precise.

Boubakeur: Grazie per avermi ricevuto. L'argomento che ci riunisce oggi qui agita in effetti da molti anni la società francese, e abbiamo avuto il tempo di farci un'opinione sul fatto di portare il velo nell’àmbito della Comunità islamica e in quello della società francese.

Pres.: Secondo voi, il velo per le donne è un obbligo imposto dal Corano?

Boub.: La comunità è divisa in merito all'interpretazione da dare ai testi; i teologi non sono tutti d'accordo. Vi sono due letture del Corano: una lettura letterale detta "zâhirita" e una lettura simbolica detta "tinita". I sostenitori della lettura letterale - i radicali, seguaci delle due scuole hanbalismo e wahhabismo - sono per questa lettura che si basa su due versetti, che dicono testualmente: il primo "Di' alle credenti di abbassare lo sguardo e di restare caste, ecc.". Il secondo: "O Profeta, di' alle tue spose, alle tue figlie, alle donne dei credenti di coprirsi il petto con il loro mantello". Il Corano è dunque indiscutibile su questa questione. Tuttavia...

Pres.: Bisogna dunque portare il velo?

Boub.: Questa raccomandazione termina con la formula: "Dio è perdonatore e misericordioso". Ciò fa sì quindi che questa indicazione, comunque, non fa dunque parte degli obblighi abituali del Corano, che per le prescrizioni precisa: "Dio è terribile nei castighi" o "Dio è rapido nei Suoi castighi".

Pres.: Se capisco bene, non è dunque un obbligo assoluto.

Boub.: No. Dei 70 peccati dell'Islam, nessuno si riferisce al non mettere il velo.

Pres.: In tal caso, una musulmana può dispensarsi dal mettere il velo senza comunque rinunciare alla fede?

Boub.: Non andrà certamente all'inferno, è chiaro! Molte musulmane, in tutto il mondo, non portano il velo. Sin dall'epoca delle Tanzimat nel XIX secolo (l’epoca delle riforme ottomane introdotte dall'Impero turco e relative agli abiti maschili e femminili, prima di Atatürk) l'Islam si era occupato dell'emancipazione femminile che già iniziava con l'europeizzazione dei suoi abiti tradizionali. Ciò valeva in alcuni paesi musulmani, come la Turchia e l’Egitto, ma non in altri. In Tunisia il velo era proibito e nel Maghreb non lo si indossava affatto oppure in modo moderato. All'estero, ho avuto occasione di parlare della proibizione francese riguardo al velo; proibizione non certo generale, che riguarda soltanto la scuola laica dove in caso di proibizione, ad esempio per un regolamento interno, l'allieva musulmana sarà libera dal suo obbligo religioso poiché il fatto di non portare il velo non dipenderà dalla sua volontà e il Corano dice che Dio " impone ad un'anima soltanto secondo la sua capacità."

Pres.: Per un musulmano il fatto che una ragazza indossi il velo può avere anche un significato non religioso?

Boub.: Certo! L'ho scritto, ed ho biasimato questa forma ostentatoria di abbigliamento. Dopo la rivoluzione iraniana del 1980, il tchador è comparso - e certe scuole fondamentaliste l'hanno assunto - per motivi politico/religiosi. E' chiarissimo.

Ma non c'è solo questo. Il fondamentalismo ha due aspetti: il fondamentalismo pietista, quello del Tablîgh [trasmissione], all'origine di questo problema, e il fondamentalismo politico. E' vero che il passaggio dall'uno all'altro è facile.

E' un segno o un rito? Mi ero posto la domanda, poiché da un punto di vista religioso ciò è molto differente. Se si trattasse di un rito, come la preghiera o il ramadan, non indossare il velo sarebbe grave. Ma in questo caso no, poiché il versetto precisa "si coprano col loro velo, è per loro il modo migliore di farsi conoscere". Si tratta dunque di un segno e la cosa è meno grave che se si trattasse di un rito, evidentemente dal punto di vista sacro.

Pres.: Voi come musulmano siete legato all'uguaglianza fra uomini e donne?: 

Boub.: Sì, signor Presidente.

Pres.: Portare il velo è compatibile con questa uguaglianza?

Boub.: Noi ci consideriamo nel mondo semitico dove, si sia cristiani, si sia ebrei, si sia musulmani, vi è sempre questa società segregata fra uomini da un lato e donne dall'altro, particolarmente sul piano religioso. Il carattere semitico delle tre religioni monoteiste fa sì che il posto della donna, dopo Eva, è stato sempre "un poco meno uguale", secondo la formula, a quello dell'uomo, specialmente negli atti liturgici e nel sacerdozio; nel campo religioso, le donne erano ridotte al ruolo di serve del culto. Dopo gli Egizi - che entrano in questo quadrilatero semitico - la religione fa dell'uomo un fratello superiore, ingiustamente d'altronde. Da un secolo, tutta la lotta di emancipazione delle donne islamiche tende a dar loro l'eguaglianza rispetto agli uomini, in particolare nel campo sociale, economico, e dell'istruzione. Questo periodo ha permesso alle fanciulle di istruirsi nelle scuole. Il movimento è cominciato in Turchia e in Iran, prima di diventar generale. Oggi nell'Università egiziana di âlÂzhar la proporzione dei professori donne continua ad aumentare giungendo a volte al 40%, secondo le materie di insegnamento. Oggi la modernità dell'Islam è all'opera e molti uomini e donne entrano in questa modernità lasciando da parte gli arcaismi e quelle tradizioni tanto frustranti per la donna quanto totalmente ingiuste.

Pres.: Oggi la modernità dell'Islam, senza tradire l'Islam d'origine, è dunque la lotta verso un'eguaglianza degli uomini e delle donne e il riconoscimento del principio di uguaglianza fra uomini e donne?

Boub.: Persino il Corano si rivolge in ugual misura "ai credenti e alle credenti, ai musulmani e alle musulmane". Il Profeta dell'Islam ha predicato prestissimo la liberazione totale della società della Mecca anzitutto dalla schiavitù, poi dalle ineguaglianze che facevano sotterrare le figlie appena nate, una mostruosità dell'Arabia pagana.

Pres.: Portare il velo può esser considerato una specie di schiavitù?

Boub.: Portare il velo indica una riserva, è un segno di chiusura. Il motivo principale sta nel comportamento familiare che fa dell'adulterio il peccato più grave nelle religioni semitiche. Nell'ebraismo, nel cristianesimo e nell'islam non c'è niente di più terribile dell'adulterio che per tutte e tre le religioni nei tempi antichi era punito con la lapidazione a morte. Il velo in qualche modo preserverebbe da ogni "pericolo" del rischio di adulterio.

Pres.: Sareste favorevole o no ad una legge che proibisca di mettere il velo a scuola, poiché la scuola tratta in modo identico i maschi e le femmine? I testi attuali vi sembrano sufficienti, oppure, per evitare certe deviazioni, occorrerebbe una legge precisante che il portare visibilmente un contrassegno religioso, quindi il velo, ma non solamente il velo, è proibito nelle scuole?

Boub.: Sin dal 1996 una proposta di legge di Ernest Chenière e di François Grosdidier proponeva la proibizione di segni ostentatori che esprimessero manifestamente un'appartenenza religiosa o politica.

Tale legge non è passata, benché già in quel periodo vi fossero grandi problemi. Sì, desidererei che tutte le mie sorelle nell'Islam entrino sollecitamente e con tutto il cuore in questo Islam tollerante, liberale, moderno che io tento di raccomandare. Mi sembra, con molta tristezza, che proibire il foulard entrerebbe nel quadro di una politica molto più vasta. Sarebbe soltanto un elemento di un atteggiamento nazionale molto più esteso contro tutte le forme di fondamentalismo. Vi siamo preparati? Purtroppo no!

Dieci o quindici anni fa' sarebbe stato necessario prendere le prime misure e non attendere. Il Consiglio di Stato è rimasto ambiguo sin dal 1989; la legge Jospin si è limitata a regolamentare le condizioni dell'insegnamento. Periodicamente assistiamo al ritorno di quella specie di esasperazione, di stanchezza, un nervosismo del corpo insegnante riguardo a questo problema che si presenta soltanto come la parte emergente di un iceberg.

Fare una legge come quella indicata dal ministro Sarkozy sarebbe vittimizzare, mostrare a dito, creare le reazioni delle persone interessate, complicare il problema con disordini nell'ordine pubblico e quindi accrescere il senso di appartenenza comunitaria e, di conseguenza, il numero delle scuole confessionali. Occorre notare che, oggi, le scuole cattoliche accolgono facilmente le ragazze col velo.

Io sono medico e credo che il contagio sia progredito. Noi avremmo i mezzi di far fronte a questa realtà soltanto nella comunità musulmana, il problema è andato avanti. Ahimé! I nostri fondamentalisti sono riusciti a convincere molta gente non su una lettura del Corano come quella che vi ho fatto io, bensì asserendo che si tratta di un rituale importante dell'Islam. Il rapporto di forze non mi sarebbe favorevole, se vi dicessi che desidero con tutto il cuore che questo stato di cosa cessi.

Pres.: Che cosa rappresentano i fondamentalisti in Francia?

Boub.: Poche persone, ma il movimento è in progresso e le sue idee passano non solo fra i giovani "beurs" di periferia; si sono visti giovani di origine cristiana lasciarsi sedurre da una forma di fondamentalismo, quello del Tablîgh [la Trasmissione], ossia quello dei pietisti, quelli che, ad esempio, con una specie di ritualismo insincero e miserevole, cercavano di attirare e affascinare i giovani smarriti, disorientati o psicologicamente fragili.

 Boub.: Occorre abbordare di nuovo il problema in modo molto più vasto, affermare la laicità dei valori. Viene forse insegnata? Mentre i nostri istruttori di periferia hanno campo libero a causa del lassismo operante in Francia e in tutto l'Occidente, dove mai insegniamo noi i valori della laicità? Tuttavia ai miei occhi è questo un imperativo categorico, poiché la laicità è il frutto di un'esigenza di razionalità moderna nell'organizzazione della società e, quanto mai evidente, resta un modello di valore universale, mentre il velo non lo è.

Il nostro problema odierno è affermare la laicità, convincere piuttosto che costringere. Noi evolviamo in un sistema che non è quello degli integralisti che legiferano ad ogni piè sospinto e che, passando dal permesso alla proibizione, fanno cadere delle teste e tagliano delle mani.

Nel nostro sistema razionale, sì, occorre convincere al più presto sull'esigenza della neutralità religiosa nelle scuole e sui vantaggi della laicità assunta non come un semplice sistema di organizzazione della scuola e della società, ma come il conseguimento di un'evoluzione dell'umanità e come il divenire dell'umanità che volge le spalle agli arcaismi, ai pregiudizi religiosi e filosofici per lasciare ad ogni individuo la libertà di pensare e di agire. E' questo il sistema progressista francese. Bisogna esserne fieri, difenderlo con le unghie e coi denti; anche se è troppo tardi, nulla vieta di affermare la laicità. E' importante. Occorre senz’altro far capire, alle ragazze inchiodate su un errore di interpretazione, il fatto che sono sulla strada sbagliata.

E' opportuno trovare il modo di difendere la laicità, che offre tre letture. La prima è pluralistica: lo Stato è neutrale, esso lascia agire in libertà e veglia sull'equilibrio. La seconda è rigorosa: si accetta soltanto ciò che è comune a tutti. Il terzo concetto è quello di una laicità aperta. In quest'ultima lettura della laicità, l'affermazione dell'identità diventa una richiesta dello statuto personale. Orbene, lo statuto personale, in modo quanto mai evidente, è una negazione dello statuto generale dell'identità nazionale ed è immancabilmente un'apertura alla colleggiabilità. Noi non possiamo accettare deroghe all'identità nazionale. Noi siamo francesi comunque siano le nostre convinzioni sulla morte o la preesistenza.

Inoltre, una bambina di 5 o 6 anni condotta a scuola con un velo snatura completamente il senso che il Corano stesso dà al foulard che è semplicemente un oggetto di pudore e di protezione della donna, ma soltanto dalla pubertà in avanti.

Mi sembra urgente rimettere le cose a posto e occorre una grande fermezza. Come dico spesso, non c'è un fondamentalismo grande e un fondamentalismo piccolo. C'è una visione della società basata sulla ragione; un'altra sulla religione e la politica. Tutti i miei lavori e le mie letture sul pensiero attuale dell'Islam mi mostrano che basterebbe rompere il legame fra politica e religione. Tutti i pensatori dell'Islam moderno, dal Marocco all'Indonesia, dall'Egitto all'Algeria, tutti coloro che hanno sofferto di questa politicizzazione dell'Islam, esigono una rottura decisiva fra la religione e la politica. L'Islam non è malato per la laicità, muore per la politicizzazione della religione. In Francia, il velo si presenta in pieno come uno stendardo di quella lotta che si estenderà poi sulle piscine e sui consulti in ospedale, sull'insegnamento segregato. E' dunque necessario affermare la laicità, altrimenti è lo sbando.

Pres.: Occorre dunque essere decisi ed evitare che il velo si diffonda a scuola.

Boub.: Certamente il velo non è accettabile a scuola; ma come impedirlo? E' questa la domanda. Ho ricevuto il ministro dei culti, delle religioni e dell'insegnamento del Lussemburgo; egli mi diceva di aver avuto il problema di un'organizzazione musulmana venuta a proporgli un contratto a condizione che lo Stato Lussemburghese accettasse che le donne si mettessero il velo. Nel Lussemburgo la scuola è cristiana, religiosa; essi dunque sono seccati. Noi abbiamo la fortuna di avere una scuola laica, neutrale dal punto di vista religioso. In teoria la neutralità si impone agli insegnanti, non agli utenti. Forse converrebbe specificare che anche gli utenti vi sono soggetti poiché, a scuola, essi devono acquisire i valori della laicità. Non si possono acquisire i valori della laicità se ci si pone al di sopra di questi.

Pres.: Vi sentite di formare gli imams in questo senso?

Boub.: Tendo a ciò.

Pres.: Essi condividono tutti il vostro punto di vista?

Boub.: Totalmente per quanto riguarda quelli che sono sotto la mia responsabilità - un centinaio. A livello politico, ho preteso da loro il riserbo e ho chiesto loro di sviluppare nei giovani lo spirito civico.

Pres.: Lo fanno?

Boub.: Essi lo fanno, ma non dimentichiamoci che in Francia vi sono 1400 luoghi di culto islamici.

Pres. : Essi preparano alla laicità. 

Boub.: Sì, intervenendo in punta di piedi, con riserva, nel campo della cosa pubblica.

Pres.: Condividono tutti il vostro punto di vista a proposito del velo?

Boub.: A proposito del velo essi tutt'al più dicono che si tratta di un impegno religioso, ma personale. Nessuno impedisce alle donne di indossare il velo in strada. Ma i religiosi devono essere formati alla comprensione della scuola laica per capire bene la differenza fra la pubblica via e la scuola laica che, a parer mio, è sacra. Io sono figlio della scuola laica, so di che cosa parlo. E' quindi necessario. Un tempo la scuola insegnò l'educazione civica. Si insegnava ai bambini la laicità e a rispettare i valori della Nazione. In quell'epoca la Rivoluzione francese costituiva il capitolo principale dei nostri studi di storia. Con Combes, noi capivamo che cosa aveva potuto fare, della scuola di Jules Ferry, la scuola del popolo: obbligatoria, gratuita, ma laica!

Io non ho detto che sono contro una legge; avrei preferito una legge intelligente... Qualcosa che non sia una costrizione, che vada a fondo nel problema e che raggiungerebbe lo scopo cui miriamo. Questo è per me l'obiettivo essenziale. All'inizio vi saranno certamente reazioni di rifiuto e negative; in un secondo tempo, forse, depressione; infine verrà il tempo di un'acclimatazione sociale da ambedue le parti.

Vi parlerò, ad esempio, del Consiglio francese del culto musulmano, che ho l'onore di presiedere. Molto presto mi sono reso conto che le elezioni in Francia avrebbero dato la meglio alle associazioni più o meno tinte di radicalismo - non faccio nomi. Ho anche constatato che il governo accettava questa prospettiva. Non capisco questa permissività, che c'è in Francia come in Inghilterra e in Germania. D'altronde, come difendere una legge strettamente francese? Davanti alle istituzioni europee rischiamo di venir contrastati. Che fare per opporsi a quelli che vorranno imporre il velo nelle istituzioni?

Detto ciò, se la legge ci sarà la sosterrò. L'ho detto, l'ho scritto e oggi rischio molto ripetendolo. Beninteso io non sono favorevole al velo, che mi ricorda troppo il tchador iraniano. Il velo sarà presentato in altro modo. Vi spiegheranno che è un abbigliamento religioso. Allora la vostra legge sembrerà anti-religiosa. E' un po' imbarazzante fare in Francia una legge ad religionem. Noi non abbiamo la tradizione di legiferare in materia di religione. Ogni azione che portasse allo stesso effetto porterebbe via anche il mio appoggio. Votate una legge che riaffermi la laicità e ricordiamoci che la laicità scolastica non ha bisogno di una legge ricalcata su quella del 1905 , bensì di una legge che la rinforzi.

M. Perissol: Mi congratulo con voi per la vostra lotta. Credetemi, sono conscio della difficoltà di difendere un Islam tollerante e aperto, come voi fate. Sottolineate due pericoli: fare una legge che rischi di stigmatizzare e quindi di provocare reazioni pro-fondamentalismo; constatare che, anche senza tale legge, il fondamentalismo progredisce.

Allora io mi permetto un suggerimento. Se ci sarà una legge, non sarà ad religionem, contro l'indossare il velo, ma si riferirà ad ogni simbolo religioso, come quelle croci caldee indossate ostensibilmente in segno di provocazione. La legge potrebbe riaffermare la laicità, che vieterebbe di indicare un'appartenenza religiosa, ma anche di introdurre differenze fra maschi e femmine o ogni azione di proselitismo a carattere politico. Il velo risponde a questi tre criteri: un criterio religioso, anche se le interpretazioni possono variare; un segno che introduce una differenza fra maschi e femmine; infine, è un segno utilizzato a scopi politici. Tutti gli intervenuti che vi hanno preceduto qui sottolineano un rapporto fra la presenza del velo e l'attualità politica più o meno tesa. La legge potrebbe ricordare i vari principi della laicità, di cui la religione è un elemento ma non il solo. Inoltre, questa legge potrebbe integrare la necessità dell'insegnamento dei valori laici, che la Nazione incarica la scuola di trasmettere ai fanciulli. Un tal congegno vi sembra che potrebbe rispondere alle due questioni?

Noi siamo come voi attentissimi a non stigmatizzare le ragazze che indossano il velo e a non condannarle a ritrovarsi in un'istituzione più rigida per loro. Ma ci preoccupiamo anche delle ragazze che non indossano il foulard , che sono sottoposte a pressioni e che dobbiamo proteggere affinché mantengano il loro libero arbitrio. Se non facciamo niente, esporremmo a dei rischi anche loro.

Boub.: Effettivamente occorre compiere un'opera pedagogica anche nel campo dell'Islam. Ho ricevuto delle ragazze di Maintes-la-Jolie che volevano sapere perché io non sono molto favorevole al velo. Ho chiesto loro che cosa è il velo; esse mi hanno risposto che è un pilastro dell'Islam! Ho dovuto insegnar loro che i pilastri sono cinque e che il velo non è fra quelli. Hanno reagito dicendo che doveva essere il sesto pilastro!

Io ho continuato chiedendo loro in che anno dell'Egira siamo. Esse ritenevano di essere nel XVIII° secolo dell'Islam [siamo nel XV° secolo dell’Islam, l’anno 1425]. Ho consigliato loro di cominciare con le abluzioni e le preghiere. Ho proseguito dicendo che se fra loro vi erano delle Santa Teresa d'Avila io le avrei difese, ma in tal caso la scuola laica non era il posto per loro e ancor meno la scuola mista e i loro blue-jeans. Troppo spesso esse ignorano la loro religione stessa e ancor più i valori della loro scuola, fra cui la laicità.

Il velo ha poca importanza per la religione islamica, ove conta l'intenzione (niyya) di "agire bene" (îhsân) davanti a Dio Compassionevole e Misericordioso. Il Corano dice: "nessuna costrizione in fatto di religione."

Il fatto del velo non ha finito di far parlare di sé in Francia. Occorre convincere le ragazze e tutta la società che noi abbiamo ragione, che la laicità è un valore attuale per la società francese ma anche per l'Islam. Le sfide dell'Islam hanno tre nomi: laicità, modernità, fondamentalismo. Se vogliamo un Islam fondamentalista, lasciamo fare; se vogliamo un Islam moderno che accetti la laicità e si distacchi dal problema politico, allora dobbiamo lottare a viso scoperto contro il fondamentalismo e non mostrare di accettarlo da un lato e combatterlo dall'altro.

Pres.: Voi dunque ci spingete a fare una legge.

Boub.: Io la desidero con tutto il cuore. Amo troppo la Francia e la società francese per non considerare tutte le conseguenze, ma anche quando scelgo una medicina ne considero tutti i vantaggi e gli inconvenienti.

Pres.: Voi temete gli effetti secondari.

Boub.: Sì.

M. Myard: Se tardiamo troppo, dopodomani gli effetti non saranno peggiori?

Boub.: Certo. Se ci si orienta verso una legge, meglio oggi che fra cinque anni. Il fattore tempo può agire pro o contro. Possiamo usarlo per formare nuove generazioni. Il velo nasconde dei rischi. Che fare contro tale male se non trattamenti psicologici? E' una vera ossessione, una vera paranoia, una fissazione. Non si può discutere con persone tanto ossessionate e plasmate nel fanatismo e che rifiutano ogni razionalità. Noi abbiamo dalla nostra parte la razionalità; cerchiamo dunque di utilizzarla al massimo per consapevolizzare, per formare nuove generazioni e introdurre progressivamente la fermezza nella proibizione. Sì, una legge per l'affermazione della laicità, d'altronde ritorniamo alla legge del 1912-1913 relativa all'abbigliamento scolastico.

Pres.: La cercheremo. Voi mi spronate ad essere più deciso di quanto io pensassi. Avete detto una frase terribile: "Oggi piuttosto che fra cinque anni". Ossia, più aspettiamo, più diventiamo complici di ciò che vogliamo impedire. La grande debolezza è l'avere aspettato fino ad ora. Via via che la giurisprudenza lascia un'interpretazione a delle persone che l'usano per andare avanti, i difensori della laicità oggi non devono forse ritenere che è ora di assumersi le loro responsabilità e rimanere fermi nei loro propositi? Fare leggi può essere difficile; saremo senza dubbio messi a confronto con effetti secondari, ma se aspettiamo cinque anni quegli effetti secondari rischiano di diventare effetti primari.

M. Pandraud: Io faccio l'avvocato del diavolo: voi volete proteggere le ragazze, ma esse fanno dire dai loro rappresentanti che esse indossano il velo nelle città solo per proteggersi da molestie sessuali, da manovre aggiranti ed altro. E' difficile dare una risposta decisa ad un problema complesso. Alcune dicono che quando avranno venti anni si toglieranno il velo, ma che desiderano portarlo fino al loro matrimonio per proteggersi. Se facessimo una legge, non daremmo forse l'impressione - falsa, beninteso - di interferire in problemi internazionali? Secondo voi, ci saranno interferenze internazionali che non andrebbero nel senso che noi desideriamo dare alla politica mondiale?

Boub.: E' molto importante, signor ministro. Vi risponderò che nelle città nessuno impedirà a chiunque di indossare un sari, un velo. Il problema posto è quello della scuola.

M. Pandraud: La scuola è mista.

Boub.: Noi chiediamo alle ragazze di togliersi il velo soltanto a scuola, non nelle strade. Chiediamo di togliersi il velo soltanto entrando in scuola o almeno prima di entrare in classe. E' un minimo che non è segregante. Occorre evitare ciò che i tedeschi definiscono una "demarcazione culturale dentro la classe.

M. Pandraud: Voi siete per la scuola mista? Non si tratta di un principio laico?

Boub.: Nel mio tempo le classi miste erano solo all'università

Pres.: Non ci metteremo di nuovo a discutere sul fatto della scuola pubblica mista!...

Boub.: Il guaio dell'Islam è di femminilizzare troppo la donna, di vederla soltanto come un essere debole. Chiedo scusa, ma la donna è soprattutto un essere umano nel pieno significato del termine, se posso dirlo! Attribuirle tutti i peccati del mondo, assolutamente no! I principi d'evoluzione sono iniziati col Tanzimat nel XIX° secolo e con la Nahda [la Rinascita islamica; movimento progressista] del XX° secolo. Nei paesi islamici è stato permesso alle donne di prendere sempre più parte alla vita sociale, scientifica, ecc.

M. Hugon: Pensate che oggi nei fondamentalisti vi sia il desiderio di mettere alla prova la Repubblica? Che cosa rispondete a quelli che affermano che, proibendo il velo, si proibirebbe l'accesso all'istruzione per quelle ragazze?

Boub.: Sarebbe falso. La domanda di scolarizzazione delle ragazze musulmane è stata una delle primissime rivendicazioni del movimento femminista islamico, illustrato dalle lotte di Houda Sharawi, di Qasim Amine e di tanti altri, come Tahtaoui in Tunisia. La frequenza scolastica è obbligatoria. Ci troviamo di fronte a due problemi: una convinzione, e l'obbligo della frequenza scolastica che troverebbe una soluzione nelle scuole private in caso di rifiuto della scuola pubblica. Orbene, non è auspicabile aumentare il numero delle scuole islamiche o confessionali.

Si voglia o no, il velo è un segno comunitario e accettarlo è come accettare una differenza, favorire i raggruppamenti, come in Inghilterra. Ciò violerebbe un secondo principio, quello della Repubblica. La nostra Repubblica vive su un principio di integrazione degli individui e di non-riconoscimento dei gruppi. Io ho difeso questo modo di vedere della Francia quando il signor Debré era ministro. Con l'autorizzazione e l'appoggio del Ministero degli Affari Esteri ero andato allora in Malesia dove i prodotti francesi erano boicottati col pretesto che la Francia proibiva il velo e, per questo motivo, era sospettata di essere anti-islamica. Io ho spiegato e ripetuto che la Francia è il paese dei diritti umani, della libertà e dell'antisegregazionismo, e che tutte possono indossare il velo in Francia, tranne dentro la scuola, che è un caso particolare. La storia del nostro paese è fatta così. Inoltre, la maggioranza dei musulmani ha sensibilità laica e resta indifferente al problema del velo. La grande maggioranza delle nostre ragazze non vi è inclusa. La soluzione passerebbe dunque attraverso la legge. A parer mio, è l'estremo ricorso quando tutti gli altri sono stati usati senza risultato positivo. Siamo di fronte ad un'opinione pubblica francese che, a questo proposito, rischia di scatenarsi. Abbiamo ancora un piccolo margine per manovrare prima di usare quest'arma assoluta?

Pres.:Vi capisco. Ma le grandi leggi non sono state fatte da legislatori coraggiosi? Siamo tutti consci delle difficoltà ma c'è un momento in cui bisogna reagire, altrimenti ci facciamo complici di una disgregazione dello Stato.

Mme. Tabarot: Non pensate che questo è un primo segnale forte nei confronti dei fondamentalisti? Con questo primo testo noi potremmo già mostrare chiaramente che cosa vuole la Repubblica.

Boub.: Io sarò il primo a difenderlo. Il mio desiderio è che si fermi questa mascherata pseudoreligiosa che si estende artificiosamente sul mondo dell'Islam, e che finalmente una riflessione in Francia giunga al razionalismo.

Pres.: Se proibissimo i simboli religiosi nelle scuole, occorrerebbe estendere questa proibizione alle scuole private sotto contratto?

Boub.: Se queste ricevono denaro dallo Stato, lo Stato ha assolutamente il diritto di pretendere ciò.

Pres.: Signor rettore, vi ringrazio.

 

Assemblea del Parlamento Francese

AUDIZIONE DI M. Mohamed BENELMIHOUB,

presidente della Confraternita musulmana Tijaniyya

(estratto dalla seduta del 9 ottobre 2003)

Presidente: Comincerò con una domanda: che cosa rappresenta la comunità della Confraternita Tijaniyya di cui siete il presidente?

Benelmihoub: La confraternita Tijaniyya rappresenta l'ortodossia islamica. Potrebbe persino rappresentare l'Islam maghrebino, essendo in modo maggioritario nell'Africa del Nord e nell'Africa dell'Ovest.

Pres.: Che cosa rappresenta in Francia in numero di aderenti?

Benel.: Non ne conosco la cifra esatta. Siamo comunque la Comunità sufi più numerosa in Francia, così come la Jerrahi-Halveti è la più numerosa in Italia.

Presidente : Ritenete che il velo per le donne sia un obbligo religioso imposto dal Corano? 

Benel. : No 

Pres. : Indossare il velo non è dunque uno dei pilastri dell'Islam. : Indossare il velo non è dunque uno dei pilastri dell'Islam.

Benel. : No.  

Pres. : Non è un obbligo religioso imposto dal Corano?  

Benel. : No. Noi lo consideriamo come una tradizione nell'abbigliamento. Se indossare il velo divenisse un'imposizione, ciò sarebbe contrario ai princìpi dell'Islam.  

Ho cinquant'anni di pratica negli affari dell'Islam, sia qui che in Medio Oriente che nel Nordafrica. Quando affermo qualche cosa so quel che dico. Ho conosciuto i più grandi teologi nel Nordafrica e in Medio Oriente. Questa deviazione dell'Islam si inserisce nel lassismo che abbiamo tollerato qui in Francia, come d'altronde nel Nordafrica e che ora stiamo pagando a caro prezzo.

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