«Sul Crocefisso» -

Dichiarazione
della Confraternita sufi Jerrahi-Halveti
in Italia (Taryqa alJerrahiyya-Khalwatiyya  fy Îtaliyâ)
Vicario generale per l'Italia: prof dott Gabriele Mandel Khân
commendatore al merito della Repubblica Italiana, Gran premio di Cultura della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, Laurea Honoris Causa in Scienze Islamiche dell'Università Statale di Konya (Turchia)

La nostra Confraternita sufi (Taryqa; i Sufi sono i mistici dell'Îslâm) percorre un cammino evolutivo suddiviso in parti di sette anni ciascuna. Il sesto anno (e il sesto grado dell'evoluzione spirituale) è simbolizzato dal Profeta Gesù, è posto sotto la sua protezione, e l'argomento dell'anno è "il simbolo". Ciò perché « Il sesto grado (l'ispirazione) è appunto l'accoglimento in sé della ispira-zione, ed è simbolizzato da Gesù, poiché fu Gesù che annunciò il Nome» (Sarî Saqati, 769-867).
Per l' Îslâm, mentre Maometto (?) è considerato il sigillo dei profeti, il profeta Gesù è considerato il sigillo di santità (Corano 3ª45). Così il comportamento di Maometto (?), in partico-lare per i musulmani sunniti, autorizzò i teologi ad assumere una autorità derivata dalla perfetta conoscenza del Corano e dei detti del Profeta (Âhadîth), nonché della loro interpretazione; mentre la figura di Gesù veniva proposta ai Sufi come quella di un Profeta che aveva raggiunto il contatto con Dio, e partecipava quindi dell' essenza divina. Entrambi i Profeti furono perciò un modello da imitare, per quanto possibile, nell' ascesa umana al divino trascendente.
D' altronde il Corano stesso afferma che Dio ha inviato un profeta ad ogni popolo, e dichiara nel Versetto 136 della seconda Sûra: Dite: «Crediamo in Dio, in ciò che ci ha rivelato, e in ciò che ha rivelato ad Abramo, a Ismaele, a Isacco, a Giacobbe, alle Tribù, e in quel che è stato dato a Mosè e a Gesù, e in quel che è stato dato ai profeti dal Signore: non facciamo nessuna differenza fra di loro. A Lui noi siamo sottomessi. Dice ancora (29ª46): E non disputate con le genti del Libro se non nel modo più cortese, eccetto con quelli di loro che agiscono ingiustamente, e dite: «Crediamo in ciò che è stato fatto scendere a noi e in ciò che è stato fatto scendere a voi; il Nostro [Dio] e il Vostro [Dio] sono uno. A Lui noi siamo sottomessi.»
Il Corano ripete poi per tre volte (2ª62, 4ª124, 5ª69): Certo, quelli che credono, gli Ebrei, i Sabei, i Cristiani, chiunque crede in Dio, nel Giorno ultimo e compie opera buona, nessun timore su di loro, e non verranno afflitti. E il Corano è, per un musulmano, "parola sacra", per cui non sono coranici e musulmani né le intolleranze né gli integralismi.
Ed ancora (5ª 68-69): Di': «Genti del Libro, siete sul nulla finché non vi conformate alla Bibbia e al Vangelo e a ciò che è sceso su di voi da parte del Signore.» Certo, ciò che è sceso su di te da parte del Signore farà crescere in molti di loro la ribellione e la miscredenza. Non affliggerti per i miscredenti. Certo, quelli che credono, gli Ebrei, i Sabei, i Cristiani, chiunque crede in Dio, nel Giorno ultimo e compie opera buona, nessun timore su di loro, e non verranno afflitti.
Nel Corano Gesù è citato in 93 versetti distribuiti in quindici Sûre. La 19ª Sûra, di diciannove versetti, si intitola Maria. Ê la storia di Maria vergine, madre di Gesù.
Di Gesù parlano con reverenza i più grandi teologi ed esegeti musulmani, tra cui Mansûr âlHallâj (853-922), Ghazâlî (1058-1111), âlcArabî (1165-1240), Jalâl âlDîn Rûmî (1207-1273). âlNawavî (XIII° secolo) lo definisce: «Verbo di Dio e Suo spirito.»
Sono poi numerosi i passi (Rûmî, Âttar, Îsgahanî, Ghazalî...) in cui il Centesimo Nome di Dio è pronunciato da Gesù per compiere miracoli meravigliosi. Sulle pareti dei monumenti turchi d’Uzbekistan, d’Anatolia, d’Irân e dei Turkestân troviamo calligrafate correntemente anche alcune delle citazioni su Gesù dal Corano, dai Detti del Profeta Maometto (?) e dagli scritti di maestri sufi.
Anche oggi molti insigni musulmani hanno scritto su Gesù con reverenza estrema. Tra questi, Si Hamza Boubakeur, Gran Muftì di Francia, discendente diretto da Âbû Bakr (il califfo che successe al Profeta Maometto (?), Javad Nurbakhsh, attuale shaykh âlShuyukh dell'Ordine iraniano dei Nimatallahy (Nematollahi) in un libro, Gesù nell'Islam, che si trova tradotto anche in Italia; e fra gli scrittori  minori il mio libro: Le parabole nel Corano e nei Vangeli, pubblicato dalle Edizioni Paoline; e un lungo capitolo nel mio libro: Una via alla ricerca di Dio: il Sufismo, pubblicato dalla Bompiani.
Scrive Javad Nurbakhsh,: «Gesù, come Profeta di Dio, ha manifestato le qualità umane di sincerità, purezza, amore e carità. Nonostante il fatto che il Profeta Maometto (?) si sia sempre riferito a lui come a un fratello, e che il Corano faccia ripetute menzioni di lui con le massime lodi, certi esponenti musulmani e cristiani, per ragioni politiche o per puro pregiudizio, hanno da sempre cercato di trascurare questo impegno di fratellanza e lo hanno di conseguenza dimenticato.
«Soltanto i Sufi, grazie alla loro assenza di pregiudizi e alla loro purezza interiore, sono riusciti ad evitare l'influsso che fanatici ed estremisti hanno tentato di imporre. I Sufi hanno cercato di tener vivo il ricordo di Gesù, come egli fu veramente, vivo nelle loro menti e nelle menti di altri, e di conservarlo nei loro cuori. Nella letteratura Sufi, Gesù è modello di virtù, un essere perfetto, esempio per eccellenza di un Maestro vero. In effetti, lungo il corso dei secoli, gli scrittori sufi, nella loro "essenza di musulmani", hanno lodato sempre Gesù, lo hanno presentato come modello sublime d'un Sufi perfetto, mosso dalla sincerità più pura e dall'amore».
 Gabriel Mandel khân

 


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