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ISRAELE

prof. dott.Nazzareno Venturi ©

(ogni trascrizione completa o parziale dei saggi presenti sul caravanserraglio,  provenienti da pubblicazioni protette da copyraght, può essere fatta solo tramite autorizzazione)

 

Una delle storie più interessanti riguarda il popolo ebreo. La sua nascita si perde nella leggenda ed ha come mitico fondatore Abramo. Questo profeta comune all'Ebraismo, al Cristianesimo ed all'Islam è presentato dall'Antico Testamento (Torah per l'ebraismo) come un pastore. Chiunque fosse rimane il capostipite simbolico situato 2000 anni prima di Cristo, di gente mesopotamica, della mezzaluna fertile tra il Tigri e l'Eufrate, culla della civiltà. La Bibbia  racconta che il settantacinquenne Abramo, a Carran, ricevette l'ordine di recarsi nella terra di Canaan (l'attuale Palestina/Israele) con la promessa che da lui sarebbe nata una grande stirpe. Le vicende del suo popolo sono narrate in questo libro epico,  il più letto nel mondo insieme al Corano. Il testo pervenutoci  ha subito numerosi rifacimenti prima orali poi scritti, per cui risalire alla prima stesura è impossibile. Con ogni probabilità la prima parte che riguarda la genesi, i patriarchi e l’esodo, venne redatta dagli scribi intorno all’anno mille avanti Cristo con lo scopo di dare una identità ad un popolo disperso che raccoglieva soprattutto genti rese schiave dagli egizi. Quel Dio unico, Yahweh, si contrapponeva alla pletora degli dei che affollavano le religioni delle regioni mediorientali.

Diversi racconti biblici hanno una notevole forza evocativa, con immagini fortemente simboliche. A prescindere dal dibattito sulla veridicità storica degli episodi narrati dalla Bibbia, alcuni comprovati altri chiaramente impregnati di fantasia, rimane questo tessuto archetipico capace di coinvolgere e unire le persone nel tempo. Il  fascino della Torah deriva anche dalla stratificazione di versioni laddove si aggiungeva, si toglieva, si modificava secondo la visione politica degli scriba. La versione cristiana ha anche un Nuovo Testamento (per "Bibbia" si intende appunto l'A.T e il N.T.) dove si parla della vita di Gesù (Vangeli) e della prima Chiesa (Atti degli Apostoli) con relative lettere di Paolo, Giacomo e Pietro ed infine l'Apocalisse, un poemetto visionario, forse criptato, che annuncia la fine del mondo romano (la grande bestia o prostituta). l'Antico Testamento è integrato da quella parte poetica dai temi sapienziali raffinati, d'origine ellenistica, non sacri per l'Ebraismo (precisamente: i libri di Tobia, Giuditta, 1 e 2 Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc). Il frammento più antico pervenutoci , il codex sinaiticus” è in greco, del IV sec. d.C, trovato in Egitto nel monastero di santa Caterina sul Sinai.  I testi completi più antichi risalgono al XI secolo d.C scritti in ebraico (testi masoretici) ma già nel V secolo d.C. abbiamo nel Codex Alexandrinus, scritto in greco, una buona parte dell’Antico e del Nuovo così come col Codex Vaticanus, anch’esso in greco, risalente al IV secolo d.c). Non si conoscono i passaggi di traduzione dalla Torah in ebraico a quelle in greco e in latino, talvolta i frammenti confrontati sono abbastanza simili altre volte diversi. Per esempio Abramo nella versione originale ebraica sacrifica il suo preferito, il primogenito. Ora il primogenito è Ismaele e non Isacco. Semplice distrazione? Probabilmente no. Da Ismaele si genereranno gli arabi, per lo meno nel tessuto letterario, e ammetterlo equivaleva assegnare una non gradita nobiltà a chi guidava le sorti del medioevo. Venni a sapere per la prima volta di questo da Gabriele Mandel (uno dei pochi maestri capaci di mantenere inalterato lo spirito di ricerca del sufismo)  il quale aveva dedicato i suoi studi archeologici sul campo, anche alla  civiltà ebraica.

La Bibbia inizia con Genesi dove si racconta la creazione del mondo, dell'uomo e gli inizi della diffusione della sua specie. Nel paradiso terreste l'uomo è rappresentato in armonia con tutte le altre creature ma quando ne esce fuori e inizia la sua proliferazione ingaggia una tormentosa lotta per dominare la natura e chi, tra i suoi simili, gli sembra nemico. In Genesi sono evidenti i temi mitici comuni dell'area mesopotamica con ritocchi più o meno accentuati. La storia di Noè riprende pari pari il poema di Gilgamesch per spiegare le differenze etniche La creazione di Dio del mondo in sette giorni, laddove il settimo si riposò, aveva la funzione di consacrare  il giorno di riposo per gli uomini (il Sabato). Per illustrare l'origine dell'umanità gli scribi immaginarono Dio intento a plasmare l'uomo dal fango argilloso, dalla terra rossa da cui il nome Adamo. L'origine del male veniva attribuita a un peccato originale di disobbedienza, all'aver mangiato un frutto dall'albero proibito della conoscenza del bene e del male pertinente solo a Dio. La Torre di Babele spiegava il perché di tante lingue. Ci troviamo insomma di fronte ad  antichi miti comuni che da una parte cercavano di spiegare le origini delle cose con le conoscenze dell'epoca, dall'altra erano veicolo di insegnamenti morali e verità simboliche.

 Cosa è una verità simbolica? Con l’espressione “aver un cuor di leone” non intendiamo realmente un cuore felino, ma la virtù del coraggio. Dicendo di una persona “è buona come il pane” nessuno pensa di mangiarla a cena.  Ed è così che aldilà delle immagini descrittive di Genesi rimane l'indicazione ispirata, almeno per il credente, di un Dio principio eterno della creazione. Principio logico non tanto temporale (la creazione eterna, o meglio “ad ogni istante”,  sarà ammessa da sufi come Averroè e da teologi come Tommaso d’Aquino). E’ l'inizio di ogni cosa situandosi oltre lo scorrere del tempo, il Suo Nulla da sempre è  riempito dal Suo Essere.  E'  lo Zero e l'Uno.

 In Adamo plasmato dal fango si ricorda che l'uomo è fatto di materia, degli stessi atomi di cui è fatto l’universo, ma una materia capace di prendere vita e consapevolezza dalla intelligenza ordinatrice divina, è Lei ( la “Sapienza” biblica) a muovere le stesse leggi meccaniche dell'evoluzione (ben più complesse di quelle scoperte da Darwin). Nella caduta si può intravedere il passaggio da uno stato puramente istintuale, animale ad un altro in cui la consapevolezza pone l'uomo nella faticosa responsabilità delle scelte, di sudarsi la sua serenità e consapevolezza con una costante ricerca interiore delle verità, ignorate dallo stato infantile ed animale. In Caino e in Abele troviamo l'allegoria delle due tipologie umane, l'agricoltore ed il pastore, il sedentario e il nomade, il primo legato allo spazio e quindi più attaccato emotivamente alle cose e l'altro legato al tempo, alla storia. Un senso diverso di identità: Caino, dopo aver ucciso Abele vagherà per le terre fino a sposarsi, dice la Bibbia, con una donna del popolo di Nod. Essendo figli della prima coppia umana, Adamo ed Eva, come poteva esistere un popolo da un'altra parte? Questo non deve sorprenderci: dai miti come dai sogni non si può pretendere una logica storica, ma immagini sacralizzate dal senso allegorico. Qualche volta  il mito può anche unirsi alla leggenda, ricordi di avvenimenti dispersi nel tempo e poi ricuciti dalla fantasia e da intenti educativi. E' possibile infatti che l'Eden sia la traccia della memoria di una terra fertile poi sommersa dalle acque (alla foce del Tigri e dell'Eufrate , secondo alcuni) e il diluvio il ricordo di cataclismi geologici (il crollo del sottile muro di rocce che separava il mediterraneo dall'odierno mar nero?). L'archeologia potrà darci sempre nuovi indizi e spiegazioni.

Prima di attenderci una fedeltà storica dalla Bibbia bisogna passar oltre l'era dei patriarchi. Da Abramo in poi le vicende corrono in  concatenazioni giustapposte  e non si sa quanta  letteratura investa gli episodi, quanto i personaggi siano reali e con essi gli ambienti e i tempi. Comunque sia, seguendo la trama biblica, il popolo di Israele si trova costretto da una carestia a rifugiarsi in Egitto dove sarà fatto schiavo per quattro secoli. Non c'è prova che fosse un popolo con una identità precisa, piuttosto varie genti mescolate in un unico destino. Mosè li libererà. Il salvataggio miracoloso dalle acque riecheggia il mito di Sargon di Agade, re fondatore del primo impero mesopotamico: "Mia madre...mi pose nel fiume che non si levò sopra di me. Akki l'acquaiolo, mi tirò fuori, mi prese come figlio e mi allevò". Tutta la storia del principe Mosè è affascinante e servirà, questa sì, a dare identità e tradizione ad un popolo. Il Dio dell'universo, di tutta l'umanità, segue con attenzione le vicende di un suo popolo, Israele. Quando esso si allontana da Lui è la sventura, quando si raccoglie alla sua presenza lo favorisce (anche in ciò si può trovare una verità della psicologia del profondo: solo in armonia col proprio sé la vita si dispiega ricca di significati positivi). I suoi saggi o profeti ammoniscono il popolo ad essere fedele  al bene ed alla verità, ma esso è distratto dagli idoli di questo mondo attirandosi la sventura. E' questo un concetto che si ritrova in altre religioni. In un altro libro sacro successivo, il Corano, svariate volte si fa cenno ai  messaggeri spirituali di ogni popolo che richiamano alla verità ma la gente se ne distoglie preferendo seguire i falsi profeti (mai sono mancati i ciarlatani di successo della politica, del fondamentalismo ideologico, dello spettacolo e della superstizione).

Ma torniamo alla storia biblica di Mosè e agli aspetti più spettacolari: colonne di fuoco si alzano per magia a proteggere la fuga degli ebrei (Mosè fa incendiare le polle di petrolio che incontrava sul cammino), il mare si divide in due per far passare i fuggiaschi e si ricongiunge al passaggio dei carri egizi (la fuga viene compiuta durante la bassa marea, o comunque in vie agevoli che Mosè conosceva bene, i carri egizi invece rimangono impantanati e bloccati durante l'alta marea). Mosè si ritira sul monte Sinai dove Dio scolpisce sulla roccia le tavole dei dieci comandamenti (Mosè riprende i codici morali già seguiti dai cananei, come archeologicamente dimostrato).

Dalla fine dell'Esodo (intorno al 1200 a.c.), gli episodi narrati si fanno più attendibili sotto il profilo storico, pur con inserimenti spettacolari per la gioia dei bambini, come quello di Sansone.  La riconquista della terra promessa avviene dopo dure battaglie e Dio stesso diventa per l'occasione "Dio degli eserciti". Gli ebrei si caratterizzano come un popolo guerriero  di una durezza barbarica: Davide consegna trecento prepuzi filistei al re, come segno della vittoria. Salomone per arrivare al potere non esiterà a eliminare gli avversari, si macchierà di sangue eppur sarà benedetto da Dio, Giosuè passa a fil di spada ogni essere vivente di Lachis, Eglon ed Ebron. Gli ebrei non si dimostrarono insomma diversi degli altri popoli nel prediligere il gioco animale della guerra. Come per la maturazione dell'individuo occorrono tante prove, tante esperienze negative per potersi affrancare dai propri condizionamenti, egoismi e istinti prepotenti così ogni società del genere umano. Il regno diventerà potente e florido (siamo intorno al mille a.C), ma ritornò a subire altre persecuzioni dagli assiri e dai babilonesi. Coi persiani una tregua. Insomma momenti di potenza e sconfitta alla stregua di tutti i popoli mesopotamici di quel lungo periodo. Ma il popolo rimarrà saldo ricostruendo dalle distruzioni il suo tempio a Gerusalemme. Il tempio diverrà infatti il  segno di una forte identità collettiva.

Veniamo ai tempi di Gesù. I romani controllavano tutto il mediterraneo ed ogni popolo era sottomesso a loro. La guerriglia contro i romani continuava in Palestina con gruppi di ribelli, gli Zeloti guidati da Barabba. Altri aspettavano la pace e l'avvento di un messia liberatore (messia significa  re atteso, per esempio Salomone era il messia, erede di Davide, ricevendo l'unzione, da cui il termine cristo ovvero l'unto, ed il titolo di figlio di Dio  pertinente ai re, non solo di Israele). Una comunità pacifica, dedita agli studi ed alla preghiera era invece quella dagli Esseni da cui emergerà probabilmente la figura di Gesù. Egli, almeno secondo i vangeli canonici (forse nella forzatura di far inquadrare la sua vita con le profezie delle antiche scritture), apparteneva alla dinastia regale, pertanto gli confacevano i  titoli di figlio di Dio, cristo e  messia. A Gerusalemme nel giorno delle palme, la gente aspettava che si insidiasse al potere e lo osanna come il liberatore (ma già l’entrata su un asinello sconvolge le aspettative). A giudicare da Matteo, dai brani che ricordano la rivolta contro i mercanti del tempio alle frasi come "è il momento di impugnare la spada" sembra di trovarsi di fronte ad uno zelota più che ad un esseno. Due figure (il maestro spirituale e un liberatore terreno) si mescolano in una. Comunque sia emerge la figura di un rivoluzionario dello spirito capace di destabilizzare il potere, i fragili compromessi tra i sacerdoti ebrei  ed il consolato romano.  Il rabbi Gesù, inveisce a più riprese contro la classe dirigente ebraica mentre l’altro leader Barabba attaccava i convogli romani con continue scorribande. Barabba chiede collaborazione a Gesù  ma riceve un diniego: il racconto in questo modo distingue la finalità delle due persone. Gesù è un maestro di pace, un liberatore spirituale anche se aveva a cuore la giustizia terrena e voleva far pulizia di chi lucra sulla religione, di chi si arricchisce a spese dei più deboli. I romani secondo i vangeli canonici crocefiggeranno Gesù. Se è vero che era inviso alla classe dirigente ebraica (scribi, farisei e sacerdoti) era però amato dal popolo ebreo come tutti i rabbi ed i ribelli. La scelta tra Gesù e Barabba, presumibilmente un artificio letterario, sarebbe stata assai angosciosa per la gente. Poniamo ai nostri giorni il "questo o quello" tra un cardinal Romero ed un Che Guevara... Sicuramente il sinedrio che aveva il mandato di decidere le esecuzioni per lapidazione (Gesù ne bloccherà una, quella dell'adultera con la famosa frase "chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra") lascerà ai romani decidere, per evitare di scontrarsi col popolo. Qualcuno, comunque, prestando fede al racconto, sarà crocefisso, qualcuno dal volto tumefatto irriconoscibile anche dal sangue che colava da una corona di spine. Sulla croce una targhetta indicava: "Gesù re dei giudei".  Per i musulmani era un sosia (come ricorda Ibn Battuta nella Rhila) ma tra essi,  diversi sufi  seguono un’altra tradizione: effettivamente quell'uomo martoriato era Gesù ma non morì sulla croce. Un gruppo di discepoli lo trafugò dal sepolcro e si accorse che non era morto curandolo fino alla sua definitiva ripresa. Sempre secondo questa tradizione, ebbe tempo per viaggiare fino in India dove ancor oggi c'è la sua presunta tomba. Sentiamo Omar Shah :

Nella Tradizione crediamo che Gesù sia stato un insegnante, non si discute. Crediamo che sia stato crocefisso perché quello che insegnava non piaceva. Crediamo che non sia morto sulla croce, e che la sua tomba si trovi là dove ebbe termine la sua vita: nel Kashmir. Moltissimi, compresa la chiesa cattolica e altri, diranno “no” a questa affermazione. A me non interessa la loro opinione, a me interessano i fatti, e per noi Gesù è stato un profeta, un insegnante e una guida per gli uomini. Attirò su di sé l’animosità e quelle che oggi chiameremmo le “polemiche” degli uomini dell’epoca in cui visse, perché le sue idee si opponevano a quelle dominanti, il che significa che divenne il bersaglio dell’aggressività e della negatività di quelle persone. Nella Tradizione, in realtà, non ci interessa quando e come morì, ci interessa il messaggio che diede mentre era in vita”(Omar Shah “La tradizione sufi in occidente” ed. psiche, pag. 19/20)

 Se ci si muove necessariamente tra ipotesi ricostruendo la vicenda di Gesù, reali in quanto a conseguenze storiche è stata la infausta propaganda diffusa nei primi secoli nell'addossare agli ebrei la presunta morte violenta di Gesù. E probabilmente in ciò non c'entra direttamente Paolo, l'ideologo del cristianesimo,   l'unico non ebreo tra gli apostoli, e talvolta in forte dissidio con gli altri, l'unico che non conobbe Gesù. In un certo senso più libero psicologicamente degli altri adattò la buona novella alle esigenze dei gentili (pagani) per poterlo diffonderlo tra essi nonostante l'opposizione di chi voleva circoscriverlo tra i soli ebrei. Poiché l'universalità del messaggio evangelico è evidente, a mio parere, è stato legittimo il suo riuscito tentativo di diffonderlo fuori dalla comunità ebraica. Dubbi rimangono sulle elaborazioni ideologiche e le manovre politiche attuate, le quali presero sviluppi inattesi aldilà della buona fede delle intenzioni originarie. Con l'editto di Costantino del 313 si arrivò ad avvallare il mito del deicidio. Fino al concilio vaticano II nella liturgia cattolica era presente la frase "preghiamo per i perfidi giudei" (e questo ha contribuito all' odio storico contro questo popolo e preparato persecuzioni come quella nazifascista). A monte di tutto ciò c’era, plausibilmente, una mossa diplomatica che prevedeva di  amicarsi i pagani ed individuare un nemico comune, gli ebrei, nelle cui file la nuova religione non attecchì. Per prima cosa bisognava discolpare i romani della morte di Gesù (e non era facile in quanto la crocefissione era la “classica” pena romana, e ovunque l’impero era pieno di ”ribelli” agonizzanti appesi a una croce), in quanto tra essi si stava diffondendo il cristianesimo. La scena di Pilato col suo "lavarsene le mani” ma a malincuore, lasciando agli ebrei la responsabilità e la figura di passare per cattivi era proprio quanto serviva. In ogni caso, dando ad essa una verosimiglianza storica e non facendola rientrare tra gli elementi romanzati dei Vangeli, rimane il fatto che la gente sarebbe stata disorientata  nello scegliere tra due leader amati. In tal caso col concorso di una clack pagata per spostare i favori il gioco era fatto. Rimane ancora un altro dato che se il potere ebraico (e non “gli ebrei”, in quanto la gente simpatizzava per Gesù) avesse voluto eliminarlo era nelle sue prerogative attraverso la lapidazione.

  Nei primi del 1900 la Chiesa Cattolica prenderà le distanze dall'antisemitismo con un decreto del S.Uffizio del 1925: "la Chiesa condanna l'odio contro il popolo già eletto da Dio" e con le condanne di Pio XI contro il razzismo nazifascista dell'enciclica Mit brennender Sorge (con viva ansia). Questo papa, (pur discusso per il suo narcisismo e per la mancanza di rigore contro il nazismo che, dopo la sua morte, ha causato l'agevolazione delle fughe di diversi criminali di guerra)  pronuncerà nell'estate del 1938 queste parole: "no, non è possibile ai cristiani partecipare all'antisemitismo; per il Cristo e nel Cristo, noi apparteniamo alla discendenza spirituale di Abramo". Con Giovanni XXIII, una tra le figure più illuminate della storia, ed il Concilio Vaticano II, il cristianesimo riacquista l' universalità propria del suo fondatore dichiarando il diritto alla libertà religiosa (dignitatis humanae)  e ribadirà la fratellanza con gli ebrei (chiamati poi da Giovanni Paolo II "fratelli maggiori"). Il documento "nostra aetate" elimina definitivamente l'antico pregiudizio con una ovvietà che comunque doveva essere dichiarata: "e se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato nè indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo " .

Gesù in ogni caso per i romani era una delle tante figure scomode. Stanchi delle continue rivolte e delle prediche profetiche per la liberazione in Giudea rasero al suolo Gerusalemme, racconta Giuseppe Flavio, e con essa il tempio  (70 d.c.) per poi disperdere la popolazione dopo l'ultima grande rivolta ( 132/136) . E' la diaspora. Pochi rimasero. A gruppi, gli ebrei profughi, si sparsero  nel mondo   stabilendosi in diverse grandi città. Con inventiva si adattarono alle esigenze delle località formando quartieri caratteristici dove il rispetto per la tradizione e le usanze permettevano di mantenere un legame emotivo tra loro e con la terra dei padri, Israele. Anche in Arabia ai tempi di Maometto c'erano comunità di ebrei dedite al commercio. Il profeta dell'Islam era ben disposto nei loro confronti, solo  quando una di loro si mise d'accordo coi nemici, tradendo la parola data, fu costretto a scendere in lotta contro di essa. Ma fu un caso isolato. Laddove l'Islam governava gli ebrei godevano di libertà e rispetto, anche a Gerusalemme ai tempi delle crociate la comunità ebraica viveva tranquillamente, finché i crociati non la saccheggiarono colpendo indistintamente musulmani, ebrei e gli altri cristiani residenti.

Gli ebrei prosperarono in alcune città guidate da regnanti tolleranti ed illuminati. Nelle zone islamiche fecondi contatti si instaurarono tra i sufi ed i mistici della cabalah. Alcuni eccelsero nel sapere e nella scienza, altri trovarono ricchezza dal mestiere del banchiere, disprezzato dai cristiani e dai musulmani e quindi a loro lasciato (anche se le prime banche riconosciute legalmente furono realizzate dai Medici a Firenze e ancor prima, l’organizzazione bancaria si delineava a Venezia, allora città dei mercanti per antonomasia). In realtà solo nell’Islam ogni tipo di usura (imprestare soldi a un tasso di interesse) era ed è vietata di legge (dalla sharia).  Dopo la scoperta dell'America questa attività prese importanza nella nuova economia, ecco perché gli ebrei si trovarono meglio piazzati di altri nel mondo degli affari.

 I musulmani, grosso in quel periodo rinascimentale persero via via, a eccezione degli ottomani, il loro predominio nell’economia finché nel 1900 si scoprì l'importanza dell'oro nero. Il colonialismo, le nuove forme di  schiavitù e di oppressione sociale e lo sfruttamento del terzo mondo fanno da sfondo ai nuovi interessi e complicità tra i paesi più ricchi e militarizzati. Nel nuovo assetto gli ebrei continuarono più volte a rappresentare il capro espiatorio di situazioni sociali difficili  finché col nazismo non si verificò l'olocausto. Gli ebrei, si raccontò, sono la causa della rovina dell'economia per i loro traffici capitalistici. Nell'unione sovietica, dove pur non si arrivò allo sterminio, furono accusati di essere capitalisti reazionari e  non ebbero vita facile. Si inventarono perfino i protocolli dei sette savi di Sion, appurato falso storico, in cui sarebbero stati programmati i piani ebraici per il controllo economico del mondo. Una bufala che costò altri pregiudizi e tormenti agli ebrei. La persecuzione sistematica comunque non era ancora iniziata. Hitler chiese ai grossi banchieri ebrei l'appoggio finanziario per la guerra che stava preparando ma ebbe un rifiuto. Se gli ebrei avessero appoggiato il nazismo non ci sarebbe stato forse l'olocausto ma le cose avrebbero preso una piega tragica per tutti, compresi gli ebrei, visto la paranoia che contraddistingueva il nazifascismo. Mentre i ricchi banchieri  riuscivano ad  esiliare per poi finanziare la guerra agli stati democratici,  Hitler decise dunque di prendersi con la forza i loro beni rimasti, e fu un business colossale: case, proprietà, soldi, fino ai denti d'oro furono sequestrati e gli ebrei usati come forza lavoro nei campi fino all'esaurimento fisico. Uno sterminio di milioni di persone molte delle quali marchiate con la stella di Davide (senza dimenticare i tanti “nemici” della croce uncinata: chi non si sottometteva alla follia dell'inquadramento ideologico, siano essi stati cristiani, socialisti o liberali, oltre chi era ritenuto inferiore, handicappati, omosessuali, zingari, testimoni di Geova etc.). L'odio verso gli ebrei di Hitler aveva anche un risvolto psicologico personale. Sua nonna lavorava nella tenuta di un ricco ebreo ed egli temeva (o forse ben sapeva)  che suo padre fosse nato dall'illegittima relazione tra i due. Del resto ogni qual volta si guardava allo specchio non vedeva un tedesco alto biondo con gli occhi azzurri e le chiacchiere del suo paese natale  di residenza (che fece radere al suolo) non lo lasciavano indifferente ( notevole lo studio di Alice Miller su Hitler in "la persecuzione del bambino" Boringhieri 1987). Se ci si mette in più un padre che lo prendeva continuamente a cinghiate fino a mandarlo in coma per tre giorni, qualcosa si comincia a capire in più della sua psicopatia.

 La teoria della razza pura e dello spazio vitale è stato un fumo negli occhi capace di scatenare quell'odio feroce e ancestrale (quell'istinto tribale quale si nota solo  nelle scimmie più vicine all’uomo, gli scimpanzé, nei confronti degli altri gruppi per il predominio della foresta), sedimentato nella genetica umana. Che alcuni nazisti e lo stesso Hitler, invasati di occultismo e teorie magiche, credessero per davvero al un mito del sangue della razza pura, non è solo possibile ma comprovato, si pensi a Hesse. Gli scritti teosofici raccontavano di una civiltà sacerdotale e regale insieme in cui gli esseri erano dotati di straordinari poteri e vite millenarie. Sempre secondo il mito si poteva accedere ad essa attraverso delle porte segrete una delle quali sarebbe in Tibet, ovviamente invano cercate da una spedizione nazista. In Italia anche il fascismo nonostante i patti lateranensi con la Chiesa combinati per mero opportunistimo da Mussolini, (mangiapreti e bestemmiatore incallito tanto che fu deferito per questo quando faceva il maestro)  esaltava certe visioni occultistiche col gruppo di UR nella sue riviste.  Il mito ariano e il suo mondo magico finiva per contrapporsi con la cultura ebraico-cristiana che Gentile considerava come una realtà da utilizzare per poi sostituire col  "misticismo fascista".

 La concezione del popolo tedesco eletto da Dio (dallo Spirito, dalla Storia) si annidava già  nelle dottrine idealistiche di Ficht ed Hegel le quali ricombinavano in modo acritico un motivo caratteristico della Bibbia: Il popolo eletto capace di fare la storia  con Dio. Ma già la Bibbia ricorda che Dio è universale, non di qualche popolo e fa dire a Salomone: "I cieli e la terra non Ti contengono, figuriamoci questo tempio che ho fatto costruire per te!". Per un ebreo è più importante essere giusto prima di essere ebreo. Fintanto che ci saranno 36 giusti nel mondo (12 per il sufismo) recita una convinzione ebraica millenaria, esso rimarrà in vita, in quanto non si perderà il cordone spirituale col divino che è in noi. Si parla giusti, di qualunque nazionalità od etnia essi siano.

La Bibbia racconta le vicende di un popolo in rapporto a Dio,  dando così alla storia una prospettiva spirituale. Popolo eletto in questo senso, quello dei giusti, solo il fanatico ha travisato leggendovi una dichiarazione di  superiorità. Il concetto artificioso di razza pura (più corretto parlare di etnia lasciando agli animali il termine) crolla considerando i continui   incroci avvenuti in ogni popolo. Gli stessi ebrei incrociandosi con tedeschi, polacchi, norvegesi hanno spesso tratti ormai completamente diversi da quelli mediorientali. Un commando di ebrei biondi, alti con gli occhi azzurri durante la seconda guerra mondiale, facendosi passare per SS, mise a soqquadro un avamposto tedesco.

Alla fine della seconda guerra mondiale l'ONU si pronunciò per la creazione di due stati indipendenti, l'uno da lasciare agli ebrei che rivendicavano l'antica patria e l'altro ai  musulmani che da secoli vivevano nel territorio palestinese. Gerusalemme doveva rimanere internazionale ( 29-11-1947) . Ben Gurion proclamava lo stato d'Israele il giorno stesso della fine del protettorato britannico. Gli stati islamici confinanti (Egitto, Siria, Giordania, Libano) invasero il territorio ma alla fine gli israeliani ebbero la meglio e occuparono altre terre rispetto al disegno ONU.   Gerusalemme, la città santa per gli ebrei, cristiani e musulmani fu divisa in due, l'una di Israele l'altra della Giordania. Gli scontri, gli atti di reciproco terrorismo continuarono fino ad oggi. La situazione è insomma come quella di un caseggiato diviso, in cui due famiglie litigano in continuazione per l'ingresso e i corridoi comuni. Gli sforzi per creare un assetto capace di soddisfare ragionevolmente le parti sono sempre stati annullati da fazioni estremistiche israeliane e islamiche, sempre pronte a rivendicare esagerati diritti. Vendetta dopo vendetta si va tristemente avanti aspettando che il buon senso e l'intelligenza prevalgano. Ma se si aspetta e  si sta a vedere soltanto, nulla si trasforma.

Infine chiediamoci: cosa è la terra promessa per Israele? Non è solo quell' estremo lembo del mediterraneo ma un simbolo escatologico. E' un'umanità in pace in tutta la terra, in armonia con la natura e con Dio. Quando una persona arriva alla maturità reale e non cronologica, inizia uno sviluppo che oltrepassa ogni infantile condizionamento. L'esperienza gli fa riconoscere gli amici non in base al colore della pelle, all'abito o alla religione. Diventa irrilevante la provenienza e l'aspetto. E' da questi pochi uomini non più legati al branco e agli egoismi che l'umanità ha tratto giovamento. Che siano stati ebrei, musulmani o cristiani, neri o bianchi, canadesi o cinesi non conta proprio nulla.

 


 

Diversi racconti biblici hanno una notevole forza evocativa, con immagini fortemente simboliche. A prescindere dal dibattito sulla veridicità storica degli episodi narrati dalla Bibbia, alcuni comprovati altri chiaramente frutto di fantasia, rimane questo tessuto archetipico capace di coinvolgere e unire le persone nel tempo.

prof. dott.Nazzareno Venturi

(ogni trascrizione completa o parziale dei saggi presenti sul caravanserraglio,  provenienti da pubblicazioni protette da copyraght, può essere fatta solo tramite autorizzazione)

 

per approfondire

F.Castel "Storia d'Israele e di giuda" Ed.Paoline

F.Castel "Dio Disse..." Ed.Paoline

G.Mandel "Salomone" Ed.Sugarco

F.Barbiero "La Bibbia senza segreti" Rusconi

E:Saracini "Storia degli ebrei e dell'antisemitismo" Ed.Mondadori

AA:VV "Ai Tempi della Bibbia" ed.Mondadori

M.Lurker "Dizionario dei simboli biblici" ed.Paoline

A.Soggin "Storia d'Israele" Paideia

M.Noth "Storia di Israele" Paideia

W.Duran "l'Oriente"In Storia della Civiltà ed.Mondadori

L.Schaya "L'uomo e l'assoluto secondo la cabala" ed.Rusconi

La Bibbia di Gerusalemme EDB

La Bibbia ed.Paoline (note Girlanda, Gironi, Pasquero, Ravasi, Rossano, Virgulin)

W.Keller "La bibbia aveva ragione" ed.Garzanti


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