Tratto da "RAPPORTARSI CON GLI ALTRI E CON SE STESSI" di Nazzareno Venturi.  Saggio sulla psicologia transazionale, pubblicato e ormai esaurito su carta stampata dalle ed. Sufijerrahi nel 2010. Attualmente disponibile in formato ebook (leggibile su pc o si tablet) su Kindle Edition distribuito da Amazon.

 

FLASH SULLA PARANOIA

 

La paranoia è rara? No, in modo più o meno lieve, nessuno ne è indenne, tanto più che un periodo psicotico della vita ( intorno ai cinque anni ) quando il bambino si sente onnipotente, è stato passato da tutti. L'esperienza e le "facciate" insegnano al bambino modi relazionali più realistici e rispettosi, ma qualcosa di quello stadio resiste, il cosiddetto pensiero panpsichistico ( o magico), la sensazione talvolta emergente di onnipotenza: il bambino trionfante sul seggiolino, magari mentre fa orgogliosamente la cacca. Superarlo non significa negarlo, ma trasformarlo in modo costruttivo: non tutti, però, hanno risolto le fasi infantili e pochi le hanno passate bene.

L'atteggiamento paranoico è individuabile in chi tende a porsi   in una posizione di preminenza sugli altri negando ad essi valore: essi vengono da lui accettati solo se si allineano alle sue idee, solo se si sottomettono alla sua volontà. Gli altri sono visti tutti con diffidenza in quanto  tramano o possono tramare contro di lui. Ognuno è un potenziale nemico che può ledere la sua egocentrica e unilateralke visione del mondo. In termini di psicologia transazionale : io sono O.K. e   tu non sei O.K. Questo modo di rapportarsi coi propri simili ( ma egli non si sente simile a nessuno se non a qualche personaggio mitico ) comporta diverse complicazioni nella sua psiche: gli altri sono un nemico potenziale da combattere per cui molta della sua energia si consuma nel persistere di mostrarsi  superiore, dalla parte di chi ha un potere, di chi è meglio non sfidare; sempre sospettoso interpreta situazioni e frasi come rivolte contro di lui rimuginando modi per vendicarsi, isolato negli affetti poiché incapace di dialogare ( ed il dialogo comporta accettazione di altri punti di vista, seppure non necessariamente per condividerli, ed autocritica ) inventa nemici per lo più immaginari o proietta fantasie su figure reali, cerca i "diversi" da lui per scagliare la sua illegittima rabbia investendoli di ogni male. La cronaca giornalmente riporta casi di paranoici che hanno rivolto la loro follia omicida contro appartenenti a  gruppi etnici differenti dal proprio, o di altra estrazione  ideologica, se non a poveretti senzatetto. Sentendosi perseguitato, perseguita, geloso di quanto crede di avere (dal ruolo sociale, alla ricchezza, ad una donna ) lotta per difenderlo  finendo alla fine per combattere contro i mulini a vento come don Chisciotte: l'incapacità razionale ed emotiva  di tolleranza ( rigidità di pensiero , talvolta pure somatizzato in smorfie permanenti ) e di agire in modo vincente e legittimo nel sociale viene sopperita dal paranoico,  con l'inganno e la sopraffazione per cui può anche, se aiutato da circostanze fortunate, diventare un capo politico o di sette religiose, attorniato da servi fedeli. Se per una persona equilibrata non fa differenza stare al centro od in un angolo, egli tende a porsi solo dove può dominare e controllare. Ama pensare e fare come se tutto dipendesse da lui essendo impotente a essere parte attiva di un insieme dinamico e diversificato.  L'incapacità di affrontare la realtà lo spinge alla mitomania, alla deificazione personale, ad idee sempre più deliranti di grandezza. Ama gli imperi, la guerra, castelli fortificati simboli di potere, il culto della virilità, nei momenti di esaltazione si sente investito di missioni spirituali e purificatrici e con fervore idealistico può riuscire a trascinare le folle nella battaglia contro il "male" ( che poi è, semplificando, chi crede suo nemico, chi non la pensa come lui  ). Il suo delirio sistematizzato può trovare consensi in terreni predisposti, sette occultistiche, se non intere popolazioni che stanno subendo situazioni economico-sociali critiche.  Quando gli stati sono trascinati da costoro anche le masse sono sospinte a comportarsi in modo paranoico: "Taci che  il nemico ti ascolta ": così  ammonivano frequentemente certe scritte sui muri  durante il fascismo . Da qui il divieto di assembramento per più di cinque persone, gli slogan del tipo"La guerra è nobile e bella" ed il premio a chi faceva tanti figli maschi da sacrificare in battaglia. La stessa aria che si respirava nei fascismi era nello stalinismo e in tutte le dittature: solo l'asservimento all'idea del capo era ammessa. Da qui il divieto di ogni opposizione ( il dialogo è anche opposizione, stimolo a rivedersi criticamente ). Laddove non c'è tolleranza e rispetto dell'altro e della diversità  c'è paranoia, follia.

Ma attenzione. Si è detto inizialmente che gli impulsi primari e le fasi infantili non vanno repressi, ma trasformati. Il senso di affermazione, di libera espressione e sviluppo del sè è legittimo ma deve essere guidato dall'io, dal principio di realtà, dal senso civico del limite, di responsabilità, di onestà. E' legittima l'ambizione quando è moderata dall'umiltà, la concorrenza quando è disciplinata dal rispetto delle regole e dei valori. L'inibizione di questa funzione è tipica degli individui coatti i quali rischiano forme patologiche  dissociative esattamente come chi ne è dominato, ossia chi pretende di fare tutto quel che vuole. Qui parliamo di alterazioni, di squilibri, di quanto, nella giusta misura, sarebbe invece auspicabile. Un alimento è reso gradevole dall'armonia dei sapori  mentre   l'esagerazione di alcuni di essi, come il sale od il pepe, lo rende dannoso ed insopportabile al palato.

Anche la storia delle religioni è ricca di documentazioni su situazioni paranoiche. La teocrazia è stata sovente pretesto,  con la scusa di difendere principi spirituali, dell'infantile desiderio di dominio di pochi. Il clima di caccia alle streghe dell'inquisizione ( ed ogni religione o setta ha avuto in modo più o meno marcato le sue inquisizioni) ha come artefici i folli inquisitori preoccupati solo del potere dell'istituzione,  del loro "ruolo importante" in essa, del bustino ideologico che reggeva il loro cervello.  Il resto doveva essere travolto, ogni parola diversa messa a tacere ( il fanatico  ha usato  la parola eresia o dissidenza per giustificare l'emarginazione ed il massacro ). Ci si dirà: la tolleranza non deve dunque avere un limite? Il buon senso da solo suggerisce  dove sta il limite: s'usa dire giustamente "La mia libertà finisce dove comincia la tua". La tolleranza dell'intolleranza può essere un male, poiché è una dismissione del lavoro sociale ed individuale di evitare che in sé e fuori di sé nascano prevaricazioni. Se si tollerano  in sé il formarsi di atteggiamenti paranoici si finirà per giustificarli anche all'esterno. La libertà non significa " voglio essere libero di fare quello che voglio " ( che è appunto il desiderio del paranoico il quale si lamenta dei giusti limiti che gli si oppongono), ma lo spazio del legittimo, di quanto non danneggia il prossimo e se stessi. Certamente l'essere comprensivi che l'uomo ( io, tu, noi ) è fallibile e limitato, che noi tutti sbagliamo, e continuiamo a sbagliare nonostante i nostri sforzi ( perché è nella natura umana l'imperfezione), permette che la severità non sia cieca e che l' intolleranza all'intolleranza non si trasformi in un'ulteriore fanatismo (la rivoluzione francese è d’esempio). Nessuno , credo, deve essere  demonizzato: c'è una storia spesso penosa alle spalle dei cosiddetti "mostri" della cronaca e della storia. La disumanità di alcuni non deve far perdere la mia umanità.

Nell'antica saggezza è detto che col male  risalta il bene, e che in questa dialettica c'è un ritmo ed un significato nascosto. Per i  mistici e i filosofi come Socrate solo Dio ( l'Inconoscibile, il Segreto ) sa ciò che è bene in assoluto. Questo naturalmente non significa rinunciare a legittime demarcazioni, a ricercare   giudizi obiettivi nella mondanità della vita  sociale ma contribuire col pensiero e con l’azione ad un’onesta ricerca del benessere della vita sociale (quando quello economico è collaterale ad altri beni valoriali). Se il mistico si affida con consapevole umiltà al divino, che ha in mano la vita e la morte delle forme di tutta la Sua Esistenza, chiunque può rimettersi a ragioni sociali più ampie di cui si sente parte attiva e responsabile senza prevaricare su niente e nessuno. L’importante è saper dialogare, prendere consapevolezza di far parte di un insieme interagente, solo così si evitano le paranoie in noi e nella società con dispotismi politici o religiosi.

La psicologia transazionale semplifica didatticamente concetti psicoanalitici che richiedono una preparazione tecnica specifica. In questo modo permette a tutti di giovarsi di quegli strumenti psicologici per migliorare la propria vita: conoscere  per modificarsi. Le transazioni corrette si instaurano quando ci si sente O.K. e si riconosce O.K. il nostro prossimo. Nei casi in cui si valuta se stessi o gli altri   sfavorevolmente,  si finisce per rendere distruttiva la relazionalità. Quando l'io si sente positivo e vede negativamente gli altri instaura un rapporto basato sulla  supremazia: lo stato paranoico è caratterizzato dalla esagerata autostima, dal porsi al di sopra degli altri. Il paranoico considera positivamente il prossimo solo se   pensa e fa quanto egli crede giusto. In altri termini: io sono O.K. e tu non sei O.K. Se lo schizoide ( io non sono O.K. e tu sei O.K. ) tende ad evitare le discussioni ed ad isolarsi, ad osservare con distacco se stesso ed il mondo per paura del coinvolgimento, il paranoico cerca la polemica e si butta nella mischia per essere il protagonista, per trionfare, per ottenere la supremazia: deve sentirsi il migliore.

Si è già detto come lo stato paranoico sia comune: esso nasce dall'infantile senso di onnipotenza vissuto da tutti in forme diverse, ci si ricordi o meno. Non è facile accettare quanto non ci aggrada, più facile è trasferire negli altri le nostre negatività, così anche le megalomanie, le prevaricazioni, le strafottenze tipiche della paranoia.

La gente, noi in quanto massa, ha bisogno di sentirsi normale usando comportamenti e pensieri diffusi e condivisi e cerca fuori di sé il diverso, il mostro, non solo per aggrapparsi a un senso di identità e per proiettare sull’altro i propri mali, ma per sfuggire dal confronto con il proprio inconscio, con quel mare dove bene e male non esistono, ma solo pulsioni ed ancestrali ricordi. Ognuno si porta dietro la propria ombra, l'umanità stessa ha un'unica ombra; poi gli individui, attraverso le loro caratteristiche acculturazioni, distinguono il giusto dall'ingiusto, il bene dal male, schierandosi secondo parametri quasi sempre derivati dai copioni infantili. Il tutto si riduce ad un fatto educativo, conscio e inconscio. Il delinquente, lo sfruttatore, il pedofilo, il magnate, il salvatore, la vittima e via dicendo sono il risultato di un processo che dalle prime relazioni con gli altri (in genere coi genitori) ha portato loro a sentirsi così, a farsi così. Anche il paranoico, scrive G.Mandel (dispensa universitaria) “era un bambino speciale (narcisista, ammirato dai genitori ), o un bambino perfetto (perfezionista: allevato con rigidità ), o ancora un bambino vendicatore (vendicativo:  sfruttato ed umiliato dai genitori ).

Il meccanismo ripetitivo e massificante dei “copioni” può essere interrotto solo dall’Adulto, dallo sforzo individuale di uscir fuori dai circuiti viziosi e coatti della propria psiche. La libertà, quella vera e non quella illusoria delle propagande politiche e consumistiche, esige un impegno ed un’attenzione costante. Pensiamo a un mondo senza persone che sfruttano altre  per i propri scopi e vantaggi, dove nessuno pesta i piedi al vicino ma si arriva subito all’accordo più ragionevole e più giusto, dove non c’è chi cerca di urlare per soffocare la voce dell’altro ma ci si rispetta vicendevolmente. Un mondo senza paranoie, un mondo libero.  Intanto si può cominciare da se stessi. Non si combatte la paranoia con la paranoia, “occhio per occhio e dente per dente e tutto il mondo finirà cieco e sdentato” diceva Gandhi, né con atteggiamenti di perdonismo fallimentare. Solo l’adulto sa difendersi davvero e trova la via più efficace per ottenere rapporti e situazioni eque e giuste.

Nella vita di tutti i giorni, il ruolo sociale può favorire o meno gli atteggiamenti paranoici. Se l'insegnante si pone nei confronti dei suoi allievi su un piano esclusivamente genitore-bambino ed evita o addirittura si infastidisce di un rapporto adulto-adulto alla pari, alimenta un clima paranoico. Gli allievi devono essere per lui bravi, accondiscendenti e zitti oltre i limiti della ragionevole convivenza in classe. Questo pure per un medico nei confronti dei suoi pazienti, per un prete (od un imam) nei confronti dei parrocchiani, per un impiegato nei rapporti col pubblico, di un giudice, di un carabiniere, di un politico  e  via dicendo. Insomma vediamo all'opera il compiacimento di sottomettere gli altri, di vederli dipendere da se stessi. Quando ci si compiace del sentirsi  i soli nel giusto e nella verità la paranoia si è radicata: gli altri non sono O.K. Un sentimento di esaltazione coinvolge il paranoico quando  si pone come  salvatore delle masse ma in realtà  le disprezza e utilizza per sentirsi adulato. Mai si rimbocca le maniche per lavorare con gli altri  quando si è sulla stessa barca che affonda, lui  deve sempre essere al posto di guida.

Il paranoico, proprio perché si sente l'unico positivo ( si identifica solo con i "grandi")  va dritto verso la disfatta. Egli è solo ed interiormente pessimista per quanto all'esterno manifesti l'opposto, e si prepara un destino di abbandono derivato proprio dal suo "farsi largo" tra la gente, alla fine non gli rimane  nessuno, emarginando anche i suoi fan   poiché piccoli ed inutili. Pensiamo ai dittatori, da Hitler, a Napoleone e a Mussolini: vite spese per controllare che “tutto” fosse sotto di loro, ma poi tutto gli è crollato addosso. La sola autocritica che si concede  il paranoico è vedere dove ha sbagliato in rapporto al conseguimento dei suoi obiettivi e non è mai radicale: < Non sarò mica matto?> Non gli  viene mai in mente, né cerca un aiuto tecnico per risolvere i suoi problemi psicologici. Sentirsi O.K. significa accettarsi nei propri limiti e possibilità e sentire O.K. gli altri significa accettarli ugualmente nei loro limiti e possibilità.

Un fraintendimento comune è credere che il Tu sei O.K.  significhi far passare tutto, perdonare e giustificare indiscriminatamente, vedere solo il buono negli altri.  Mi viene spesso replicato all’argomentazione dell’altro come O.K l’insostenibilità di accettare una figura come Hitler. Lui non era O.K.,  un anticristo ed un assatanato da odiare, aggiungono altri. C'è sotto una incomprensione. L’atteggiamento di chi imposta transazioni positive col suo prossimo  è diverso dal giudicare tecnicamente l'operato ed il pensiero di una persona: la persona non viene giudicata nella "sostanza" ma in base al suo agire e pensare. Prendiamo il caso di Hitler: quanto ha fatto e detto è stato distruttivo per l'umanità ed è condannabile proprio per questo, ciò non impedisce allo psicologo di studiare la sua vita e capire il perché del suo comportamento (ottimo lo studio della Miller su Hitler nel bambino perseguitato"). Capire non significa giustificare. Non si condanna la persona ma un operato, e questo operato può e deve essere capito magari, quando possibile, per trovare i modi per modificarlo evitandone la ripetizione. Il fatto che il giovane Hitler fosse stato ripetutamente picchiato da un padre isterico, fino al punto di rimanere tre giorni in coma per effetto di una dose eccessiva di cinghiate, vorrà pur dire qualcosa nei termini di quanto ha fatto “da grande”!

L'ombra, il negativo, sta in tutta l'umanità e quindi in ognuno a cominciare da me stesso, non solo in Hitler o in Stalin, nel fascismo o nel comunismo, nel capitalismo, nei preti, nell'islam, negli ebrei o in tutti i capri espiatori che vengono in mente. Questa rigida dicotomia: il bene di qui ed il male di là, il bene sono io (o noi) il male è l'altro (o gli altri) è paranoica.

Aldilà delle dogmatiche delle credenze e dei loro fanatici, le religioni sono anche pervase di buon senso e valore psicologico. Mi viene in mente l’episodio evangelico in cui gli apostoli discutevano su chi fosse il “più grande” tra essi  poi messi a tacere da Gesù attraverso l’esempio, lavando loro i piedi: la grandezza sta nel servire il prossimo, far qualcosa di positivo e utile, anche in modo umile. Nello adith (detto del profeta) <Signore, proteggimi da me stesso> è condensato il succo di quanto detto. Avere fiducia e stima di se stessi è fondamentale per una vita sana, ma ogni prevaricazione sul prossimo rompe gli equilibri. L'altro è degno di stima quanto sé stessi. Il detto evangelico  <ama (meglio la traduzione “rispetta” in quanto il sentimento dell’amore non si può comandare essendo irrazionale mentre il rispetto è comunque agibile) il prossimo tuo come te stesso> significa riconoscere l'altra metà, il cui dialogo positivo è fondamentale per l'equilibrio e l'unità del sé.

L'istinto animale della lotta per possedere il branco ed il territorio meglio lasciarlo alle bestie che comunque hanno inconsciamente gli equilibri giusti per la sopravvivenza, fermandosi al momento opportuno per evitare l'autodistruzione della specie: l'evoluzione umana dell'impulso è l'essere vincenti nella vita senza abusare su  alcun essere senziente. L'uomo è ormai fuori dal naturale meccanismo regolatore e solo grazie al suo senso civico restaura gli equilibri, solo grazie al senso della bellezza e dell'armonia evita l'orrore della distruzione. Se, nell’Islam si è spostata l’attenzione alla grandezza solo su Dio (Allah Akhbar) ad ogni flessione durante la preghiera, è proprio per evitare pulsioni psicotiche di mania di grandezza e di rancorosa ostilità verso gli altri, da parte dell’uomo. Insomma anche nelle religioni c’è l’attenzione verso rapporti umani basati sul rispetto e sulla tolleranza evitando ogni forma di prevaricazione a guadagno di tutti.

 

prof. Nazzareno Venturi (2003)

© (ogni trascrizione completa o parziale dei saggi presenti sul caravanserraglio, essendo provenienti da pubblicazioni copyright, può essere fatta solo tramite autorizzazione )

 

 

Il castello , come tutti i simboli, ha un significato positivo o negativo in rapporto ai segni che lo caratterizzano.  Rappresenta manie di grandezza, stati paranoici  quando è legato al senso del potere. Ma è anche un simbolo, spesso rappresentato dai mistici (cfr.Teresa d'Avila) ,  della dimora interiore, dell'anima (la dama nel castello cfr. Jung), della fantasia (disneyland).  Comunque le sue mura sono un pericolo, possono isolare , imprigionare l'anima la cui evoluzione si svolge solo nella libertà. (... Quando tutto è Anima...Quando tutto è Sé.)  La differenza tra interiorità ed esteriorità, tra senso dell'io ( che è corporeo ) e mondo è comunque chiara al mistico ( che ritorna sempre in sé) mentre negli stati schizofrenici è alterata (cfr. Lowen). Il castello in senso paranoico è potere, fortezza, trattiene desideri mondani e affermazioni illegittime. Ma ogni potere  cade, ogni castello in aria coi suoi sogni di gloria si sgretola nel mare del tempo . Nulla rimane.

 

etichet.gif (1276 byte)