Tratto da "RAPPORTARSI CON GLI ALTRI E CON SE STESSI" di Nazzareno Venturi.  Saggio sulla psicologia transazionale, pubblicato e ormai esaurito su carta stampata dalle ed. Sufijerrahi nel 2010. Attualmente disponibile in formato ebook (leggibile su pc o si tablet) su Kindle Edition distribuito da Amazon.

 

LA POSIZIONE DEL FIGLIO E L'IMPORTANZA DEL GENITORE

 

Il modo in cui è stata vissuta l’infanzia condiziona la persona per tutta la vita. Per evitare che essa veicoli sentimenti e reazioni dannose è necessario conoscerla e accettarla. Si potrà così modificare quei comportamenti indotti dai copioni provenienti dal passato, quei solchi scavati sempre più dalla continua ripetizione e che spesso portano solo all'infelicità, alla illusoria conferma che si è così, per natura o per destino... Non è vero. E'  una struttura derivata dalla interazione di situazioni ambientali (come la posizione del figlio: unico, primogenito, secondogenito … ) con la risposta personale. Questa dinamica si svolge alla superficie di  una componente genetica (il corpo) ed una più profonda, archetipica ed universale  da cui l'anima.

Tra i tanti fattori ambientali in cui il bambino si muove, dunque, c'è il posto in cui si trova in famiglia. In breve, sapendo che la complessità è implicita  inserendo le diverse varianti, capita generalmente questo: se il figlio è unico tenderà a credere per tutta la vita, di avere  solo per sé, dei diritti che in realtà non ha, poiché non ha mai dovuto spartirli e limitarli con altri fratelli. Se è primogenito si aspetta di avere l' autorità e farà di tutto per conservarla come quando si relazionava coi fratelli più piccoli. Se è il secondogenito lotterà per  farsi valere: sentendo l'ostacolo nell'autorità, si ribellerà oppure finirà per accettarla passivamente. Se è il terzogenito (di tre)   attenderà di essere protetto dagli altri, che gli altri facciano per lui. Se è il secondogenito (di tre) potrà sentirsi una figura non importante e messa ai margini della società. Allo stesso modo  gli intermedi, se i fratelli sono tanti . Come detto le varianti possono articolare aspettative e comportamenti diversi, varianti incentrate sul modo in cui i genitori si sono relazionati coi figli e come questi hanno reagito alla situazione. Rimane il fatto che il modo in cui il figlio  sente e vive la sua posizione influirà sulla sua esistenza  sociale.

Segnalo il libro di Frank J. Sulloway "Fratelli maggiori e fratelli minori" ed. Mondadori 1999, per un'ampia ed approfondita disamina del tema in chiave psico-sociale.

Importante è comunque avere la cognizione, se non l'esperienza, che certi meccanismi socio-ambientali hanno la tendenza a svilupparsi in un certo modo, ma non necessariamente. Il ruolo del genitore è fondamentale, la sua capacità di dare non solo affetto, ma attenzione ad ogni figlio, di relazionarsi a lui anche in modo adulto e consapevole, evita che tali meccanismi si attivino condizionando la vita a danno di scelte libere e responsabili.

Spesso mi viene detto che bisognerebbe fare dei corsi per diventare genitori. Se da una parte è vero  che essere preparati per tale ruolo è importante , dall'altra è altrettanto vero che non è un “mestiere” da imparare alla stregua di altri, in quanto esiste una componente appresa sin dal momento dell'imprinting iniziale. L'uomo condivide con gli altri primati, amplificandolo, il bisogno dell'esperienza educativa. Se ad una madre di una scimmia ominoidea viene sottratta definitivamente la figlia al momento del parto quest'ultima sarà incapace di provare interesse ed affetto per la sua prole. Questo significa che l'amore materno e paterno non è innato ma appreso, se un essere umano è privato dell' amore soprattutto nelle prime fasi della vita sarà incapace di amare, di trasmettere quei valori che danno dignità all'essere umano. Ho visto educare ottimamente i figli da persone semplici e di bassa cultura, ma di grande buon senso, viceversa ho preso atto di disastri compiuti da genitori colti e di alta posizione sociale. Ci sono stati pedagogisti famosi che all'atto pratico, nell'educazione dei figli, si sono dimostrati dei fallimenti. Psichiatri coi figli suicida. Non è dunque la conoscenza a fare un genitore ma soprattutto l'esperienza, in primis quella seppellita nell'inconscio, il modo in cui si è stati allevati. Ciò nondimeno per rendere la catena virtuosa è possibile intervenire, se mancano quelle premesse positive, facendo leva sulle proprie capacità di capire e fare tesoro dell'esperienza di altri, superando il proprio egoismo di riflettere nel figlio se stessi. Ci vuole autocritica e non sensi di colpa per ricollocarsi nei corretti rapporti coi figli, sapendo comunque che la perfezione è una chimera e che i fattori irrazionali possono, positivamente o negativamente, incidere oltre la volontà. Bisogna occuparsi dei figli, non preoccuparsene, ogni elemento ansiogeno è deleterio. La propria vita è uno sviluppo globale vissuto con gli altri, non è dunque da considerare in modo unilaterale (la famiglia, il lavoro...): la ricerca di equilibri da realizzare in rapporto ai cambiamenti esterni,  di una maggiore consapevolezza del sé, di virtuosi compimenti interiori, rende anche fruttifero il rapporto con gli altri e  con i figli . La responsabilità di “guidare” ci obbliga a essere positivi in noi stessi, poiché il nostro stato si rifletterà soprattutto in chi ci segue, ma è la autonomia dei figli , la fine della loro dipendenza da noi, il traguardo ( così come in natura, pensiamo agli uccelli:  finito lo svezzamento, nel momento in cui i figli hanno imparato a volare e a procurarsi il cibo da soli, anche i genitori si sentono liberi…).

 

dott. prof. Nazzareno Venturi (2004)

© (ogni trascrizione completa o parziale dei saggi presenti sul caravanserraglio, essendo provenienti da pubblicazioni copyright, può essere fatta solo tramite autorizzazione )