Il senso della ricerca: La poesia

dott. Aldo Strisciullo

Dal convegno: Il simbolo come elemento per il dialogo tra le   culture, Fondazione Teatro della Fortuna, Piazza XX settembre, Fano. dott. prof. Morris L. Ghezzi, dott. Aldo Strisciullo,  Confraternita dei Sufi Jerrahi-Halveti in Italia, Padre Alessandro  Barran, Priore di Fonte Avellana )

 Quale è il senso della nostra quotidianità, delle nostre emozioni, dei nostri pensieri, siamo certi di conoscere il mondo per come ci appare? Se consideriamo l’esperienza umana nel suo insieme, ci rendiamo conto che essa non è né progressiva né cumulativa, ma che ogni gruppo umano principia ed esaurisce “delle forze a disposizione”, non disponibili per un nuovo gruppo umano. Ad un certo momento, “un’azione” si interrompe e ne inizia un’altra. In questo alternarsi di “momenti”, di grandezze diverse, le energie, i pensieri, le emozioni si rifondono continuamente, senza alcuna linearità e causalità. I periodi umani assomigliano a contenitori in cui ogni gruppo esprime credenze proprie che regolano la vita, i processi sociali, il sapere, il quotidiano. Così anche la nostra quotidianità è basata su credenze circoscritte al nostro modo di vedere che acquisiscono senso e funzione all’interno del sistema di valori morali, sociali, etici che noi elaboriamo e condividiamo.

Alla base dell’esperienza, tuttavia, restano le medesime pulsioni, individuali e collettive, che caratterizzano l’uomo, così da poter affermare affermare che sul piano psicologico, in ogni momento e in ogni epoca, sono sempre presenti tutti gli antichi archetipi dell’uomo, mascherati da uno stile di vita solo apparentemente originale.

Non ci rendiamo conto di questo e di quanto siano relative le nostre esperienze e le nostre conoscenze perché la frammentarietà della nostra stessa esperienza fa sì che attribuiamo alle singole azioni umane un senso di continuità che ne oscura l’insieme. La frammentazione interiore si rispecchia nell’avvicendarsi delle manifestazioni esteriori dell’individuo a cui assegniamo un valore di realtà, di unità (cioè immaginiamo l’unità psichica dell’individuo ) che invece non possiede.

In una scala più grande, se vogliamo, l’espressione specifica di una certa tendenza umana, si sublima in un valore che, ad un certo momento, prende il sopravvento e caratterizza appunto un’epoca, un periodo storico, come lo sono stati, ad esempio, l’illuminismo, il romanticismo, ecc. E ciò dipende soltanto da circostanze, tutto sommato, casuali.

Nella nostra società attuale, un esempio, è la nostra tendenza inconscia a delegare alla tecnologia (materialismo e tecnica) le domande e le risposte del senso del divenire umano; questo fino a quando però un nuovo “valore” non prenderà il sopravvento, trasformando ancora una volta valori e concezioni che sublimano il bisogno umano di essere.

Esiste, allora, un senso della verità che ci permette di andare oltre i campi ristretti dell’esperienza e del sapere? Per rispondere a questa domanda è necessario chiedersi, quanto siamo disposti a cedere in termini di strutture, abitudini, preconcetti, meccanismi psichici che ci muovono e che non governiamo? C’è un aforisma che recita: «Come l’immagine di un oggetto in uno specchio non è l’oggetto, così l’immagine delle cose nell’Universo è illusione. Fino ad oggi ti sei visto nello specchio, volgiti a guardare te stesso» (sufi Gibrail Khan).

Nel nostro quotidiano, siamo abituati a guardare al mondo attraverso forme impersonali, a essere guidati da strutture e da modelli di pensiero che per quanto ci diano l’impressione di aprire la nostra mente a nuove conoscenze, per la stessa natura di cui son fatti, limitano, allo stesso tempo, la comprensione estesa della realtà.

Questo, ad esempio, è vero della scienza odierna. La scienza è frammentata come lo sono gli individui, per cui, al momento, essa non ci aiuta a trovare quell’unità che ci permette di cogliere la natura nella sua interezza.

Il vero progresso umano, individuale e collettivo, sta nella realizzazione dell’unità, prima psichica e poi spirituale, che ci permette di superare ogni significato apparente del mondo. Infatti, all’invisibile frammentazione dell’essere che si rifrange nel quotidiano (e che nominiamo esistenza) attribuiamo un senso di continuità, che è proprio quello che crea in noi l’illusione della causalità e di un vissuto psicologico integro.

Vi è, allora, un altro aspetto delle cose che principia quando lo specchio del mondo è rovesciato e ogni fenomeno cessa di essere singolo e isolato ai nostri occhi e acquista un valore più ampio, più disteso e profondo. Vi è un senso dell’essere che viene dall’essere e non da formulazioni concettuali, né da surrogati, e a cui le parole, le attribuzioni relative, non sono sovrapponibili.

Se il mondo ci appare in misura di come sappiamo guardarlo, allora dobbiamo imparare a considerarlo nel modo corretto, trovandone la radice. Noi siamo discontinui e soggetti all’incostanza del mondo fenomenico, dobbiamo allora vivere il tempo personale come possibilità per ricostituire il contatto spontaneo e naturale col mondo, vivendo il momento come un atto unico e irripetibile.

 

La poesia è espressione di quella pulsione umana chiamata Arte che, insieme alla Fede e al Civismo, è espressione della sensibilità umana. 

Un popolo è tanto più evoluto ed equilibrato quanto più i membri della società che lo compongono si riconoscono e si esprimono attraverso l’arte. Una società è illuminata quanto più accoglie in sé l’ispirazione e l’intuizione, facendo di questi momenti i punti cardine della conoscenza e del progresso umano e spirituale. 

Se si aboliscono questi principi un popolo lentamente degrada e si corrompe, sostituendo alla conoscenza e al miglioramento, l’ignoranza, la decadenza e la menzogna. Ogni uomo si ammala, la società si ammala, poiché la poesia (l’arte) è un nutrimento necessario al sostegno della psiche e al passaggio delle qualità dell’anima.

La poesia è evocazione e conoscenza intima del mondo. Manifesta una realtà reale. La poesia è verità.

Attraverso la poesia, il poeta aspira a una completa percezione ed attualizzazione umana coltivando pensiero, sentimento e intuizione naturali. Il poeta si chiede: a che punto sono?

Il poeta sogna se stesso di la da se stesso. Impersona le forze del mondo ed abbandona il suo punto di vista, “ciò che è suo” per fluire consapevolmente con ciò che lo circonda. La poesia è uno stato dell’essere. L’ispirazione è una graduale ascesa all’interno di stati dell’essere. L’essere che si conosce.

Le parole e le immagini della poesia costituiscono l’aspetto esteriore, la forma. Ma ciò che conduce le parole, dando corpo e dimensione alle stesse, è lo sguardo del poeta. Sguardo che sorge dal cuore, dall’intuizione.

La poesia è permanenza ed impermanenza. Per questo, non vi è limite a ciò che il poeta può conoscere.

La poesia è amore, libertà e tenerezza. Positività e facilità esistenziale. Facilità del vivere, facilità nel cogliere i sentimenti propri e altrui.

La poesia è ancora individualità assoluta, vissuta nell’intimo, ma con la consapevolezza di essere un aspetto della medesima manifestazione e di uno stesso atto di creazione. È consapevolezza del non essere e del vuoto.

La poesia è un fatto di ritmo. Il ritmo caratterizza l’azione. Ritmo e simmetria sono bellezza. Il ritmo riempie di forma lo spazio e fa di un paesaggio un’emozione. L’uomo percepisce quella emozione in sé, quale momento di risonanza, origine e unione tra tutte le cose.

 
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