Significato della sofferenza ed esperienza della malattia nell'Îslâm.


Intervento del prof dott  Gabriele Mandel khân, Vicario generale per
l'Italia della Confraternita Sufi Jerrahi-Halveti

Le culture sono complessi polimorfi, in cui la religione è spesso elemento dominante, da un lato matrice formativa, dall’altro semplice derivazione del complesso culturale stesso; mentre delle une e delle altre le arti sono testimonianza e rappresentazione.
I due mondi culturali cristiano e musulmano per alcuni concetti si somigliano, per altri sono in tutto dissimili. Il concetto del dolore è fra questi ultimi. Al mondo islamico è stato permesso sin dal più alto Medioevo di indagare liberamente sul corpo umano, sulla sua anatomia e sulle sue patologie fisiche e psichiche; e per conseguenza sulla fisiologia del dolore.
Per sofferenza e per dolore abbiamo in arabo (lingua purvia tanto ricca di vocaboli e di significanze) un solo termine: âlam, e il Corano, base essenziale dell'Îslâm, quasi non ne parla: una volta per dire che dolore è ciò che prova la partoriente (19ª23), mentre per 71 volta ripete una sola frase: min cadhâb âlymin («doloroso è il castigo divino»). Nel Corano il termine malattia (maradh) è citato 12 volte, ma tranne in un caso (210) si tratta di una “malattia nel cuore” per indicare deviazione psichica, malanimo, malvagità, sospetto. Importante è il Versetto 2ª177, che cito per intero:  Devozione non è volgere i vostri visi a Oriente o a Occidente. Devoto è chi crede in Dio, nel Giorno ultimo, negli angeli, nel Libro e nei profeti; chi dà del proprio, per amore di Lui, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti, ai mendicanti e per gli accollati; chi recita la Preghiera e versa l'elemosina legale. E quelli che mantengono gli impegni quando ne hanno presi, quelli che sono pazienti nelle avversità, nella malattia, nel momento dello sconforto. Ecco i veritieri, ecco i devoti.
Per la cultura islamica dunque il dolore è necessario nel senso che ci avverte di una malattia o di una disfunzione, e grazie ad esso il medico può capire quale patologia ha causato il dolore e la può curare.
Oppure si tratta di una sofferenza psichica. Nell’ambito della religione, per l’Îslâm, a prescindere da quelle patologie psicotiche che son causate da deficienze fisiche, la sofferenza psichica dipende soprattutto dall’ignoranza e dagli egotismi. Ci fornisce la misura della nostra condizione umana, ed è utile per temprare lo spirito e per migliorare la visione della vita, soprattutto dal punto di vista etico-spirituale.
In nessun caso il dolore serve per  redimere la condizione umana, e ancor meno per meritare il Paradiso. In effetti il Corano stesso afferma (20ª1-8) che il suo verbo non è stato dato all’umanità per la tribolazione, ma come misericordia per gli universi (21ª107). Qualsiasi cosa rappresenti per l’Îslâm il Paradiso, definito più volte nel Corano “una parabola” (2ª25/26 e 47ª15, 32ª17), esso  vien meritato dalle azioni, dallo sforzo (jihad) compiuto sulle proprie passionalità, e non dalla supina acquiescenza ai riti di una religione e al dolore esistenziale. (45ª28: il giorno ultimo ogni comunità sarà convocata davanti al suo Libro: «Oggi sarete retribuiti per le vostre azioni. Quindi: Non per la vostra religione!) Se per altre religioni l’atto di contrizione alla fin fine assolve le cattive azioni, per il Corano solo Dio può assolvere – se Egli lo vuole – a condizione che venga riparato il male fatto.
Resta il fatto che il Corano, come dicevo, cita una sola volta il termine “dolore” (âlam). La punizione divina è dolorosa e dolorose sono le doglie di Maria madre di Gesù. Anche il termine “sofferenza” viene citato una volta, in 38ª41: Il diavolo vi ha inflitto sconforto e sofferenza. Varie volte invece il term. angoscia (qalaq): 3ª153/154; 4ª65; 6ª64; 21ª76, 88; 37ª76, 115;  68ª48.
Quindi, per la religione islamica le azioni negative portano a) il dolore, a sé o agli altri; b) il castigo doloroso. In tutti i casi il dolore non è conseguenza della fatalità, e non va sofferto nel silenzio e con abnegazione; dopotutto non è coranico neanche l’assunto: «Partorirai nel dolore». Così, nella Turchia ottomana erano già diffusi la peridurale,  il parto psicoprofilattico, e l’uso di porre la partoriente su una seggiola per agevolare il parto “in discesa”.
Un esempio fra tutti mi pare significativo: Lady Wortley Montagu, moglie dell'ambasciatore inglese a Istanbul, nel 19 maggio 1718 fece conoscere all'Inghilterra la vaccinazione antivaiolosa, in atto nei paesi islamici da sette secoli, e subito venne adottata dalle sue conoscenze. Ne fece fare uno studio ufficiale dal suo medico personale, ma l'Accademia delle Scienze di Londra lo rifiutò, perché questo medico "era italiano". Solo quando nel 1796 Jenner ripresentò lo studio, questo venne accolto in forma ufficiale, e così Jenner passò in Europa per l'inventore della vaccinazione antivaiolosa, senza averne tuttavia nessun merito.

Veniamo ora all’ambito del misticismo. I Sufi (i mistici dell’Îslâm, paragonabili ai frati e alle suore della religione cattolica), dichiaravano sin da mille anni or sono che l’essere umano è composto di quattro parti distinte e strettamente unite in una interdipendenza che è precipua della vita terrena: una mela divisa in quattro spicchi. Due parti sono materiali, una è spirituale, la quarta è globale.
La parte spirituale è l'anima, goccia di quell'oceano infinito che è Dio, al quale tende ed al quale ambisce tornare. La prima parte materiale è il corpo (comprese le sue valenze apoproteiche e il SNC, che ne determinano pulsioni e reazioni), e la seconda è la psiche, sorta di ponte fra anima e corpo, che permette al corpo di attingere a valori spirituali e all'anima di manifestarsi nella materia. Se questo ponte, come tutti i ponti, è stretto, ostacolato, crollante, caduto, il passaggio diventa difficile o addirittura impossibile. La quarta parte, globale, è l'ambiente, che incide considerevolmente nella formazione dell'individuo, come dice il Corano stesso.
Tutto ciò proviene da due essenze dell’essere che sono in Dio, nella sua qualità assoluta e solo sua di Creatore: azione e pensiero, termini limitati e quindi non adeguati a Dio, ma unicamente utili a noi per farci capire l’assoluto che a noi è incomprensibile. Con l’azione Dio crea l’energia, che non è materia (un atomo è formato di quanta di energia, e non è materia), e con il pensiero crea le infinite Leggi che coordinano l’energia nelle varie materie, di cui si fa il mondo fenomenico, ossia i corpi.
L’energia quindi, grazie alle Leggi, si compone in ciò che noi chiamiamo materia, ed essendo il corpo umano appunto una materia, anche se ricettacolo d’una essenza divina che chiamiamo anima, ha tutte le condizioni precipue della materia. Pertanto il dolore fa parte della nostra imperfezione. Imperfezione determinata dalla nostra natura materiale. La materia ha in sé i limiti di spazio e di tempo, transitorietà, caducità, e  soprattutto la dualità del positivo e negativo, essendo l’energia stessa, come ho detto, positiva e negativa.
Per ciò che riguarda l’anima invece, il suo massimo dolore è la lontananza dalla fonte, l’essere nella materia e per questo fatto sentirsi lontana da Dio – anche questo in effetti è un concetto del tutto errato –. Il cammino che compie il sufi è il cammino verso la maggior comprensione della divinità, ciò che allontana il dolore dell’anima e rende insignificanti e sopportabili i dolori delle nostre due parti fisiche.

In Medicina. Anzitutto Îbn Tufayl, morto nel 1185, ci invitava a un lessico in grado di fissarci distinzioni e precisazioni: «Il fisico sente dolore e male; la piche sente strazio e sofferenza; l'anima prova tribolazione, spasimo, tormento, cruccio, supplizio, patimento, dispiacere, pena.»   (fine citazione)
Su questa linea Hibatullâh bn Jimacy`, nel suo âlÎrshad li-masalih âlÂnfas wa âlÂgsad (Disposizioni che interessano le anime e i corpi) prescriveva anche l’uso della musicoterapia e della cromoterapia al fine di alleviare i dolori dovuti alle devianze psichiche.
Si trova nel suo testo anche il concetto di vari tipi e disposizioni di sopportazione del dolore. Egli scrisse: «Il dolor di denti e la colica renale danno due tipi di sensibilità psichica: dal dentista si ha paura ad andare, mentre la colica la si sopporta con rassegnazione.»
Veniamo al Canone di medicina (14 volumi) del turco Avicenna (Îbn Sina, nato nel 980 ad Âfshana, Bukhârâ, in Uzbekistân,  morto ad Hamadhân, in Iran, nel 1037. Sua madre era una principessa della tribù turca delle Sette frecce.). Per lui il dolore è il primo motivo per ricorrere al medico. Egli definiva in particolare il dolore cronico ribelle e il dolore conseguenza di un tumore; per diagnosticarlo e per tracciare una terapia del dolore, suggeriva il consulto di due medici ed uno psichiatra.
Egli riteneva che come conseguenza di un dolore prolungato si avesse alterazione del ritmo cardiaco, aumentata tensione arteriosa, ipersecrezione dei succhi gastrici. Pensava che un dolore che superasse i quattro mesi andasse considerato come una malattia già di per sé stesso. Suggeriva inoltre di ricorrere agli oppiacei, e a tutte le possibili medicine antalgiche, ma ad orari fissi; Tutto regolato per la quantità a seconda del paziente, e non assunto nei casi di crisi. Inoltre parlò a lungo di frenite, delirio, letargia, caroco, apatia, melanconia; distinguendo la paura (ansia) dalla depressione, e definendo l'epilessia: una malattia "puramente fisica" mentre prima di lui era considerata psichica.
Non va poi dimenticato che la medicina islamica  del medioevo già studiava le componenti psicosomatiche. Ishâq bn `Imrân m 970, nel suo Maqâla fî âlMâlîhûliyâ (trattato della Melanconia) tradotto da Costantino l’Africano in latino, distingueva tristezza, ansia, angoscia secondo componenti psichiche ma anche secondo origini somatopsichiche. In questo ambito alRazi (854-925 o 935), autore del Kitab alHawi tradotto in latino con il titolo Continens, affermò che nel curate l'anoressia occorre anzitutto distinguere se l'origine è somatopsichico o psicosomatica: nel primo caso è di origine endocrinologica e nel secondo caso psichica, per cui le cure sono del tutto diverse. Nel Sîra âlFalsafiyya, Medicina spirituale, tratta anche degli affetti placebo cui si può indurre la psiche.
Comunque, per ovviare alla sofferenza la medicina islamica del Centroasia faceva ricorso anche all’agopuntura, alla kinesiterapia, al rilassamento indotto, alla moxa (utilizzo del caldo, ma anche del freddo ad esempio per le infiammazioni del periostio).
Per Fakra âlDîn Râzî (morto nel 1209), il dolore ha due valenze principali. «La prima: indicazione di patologia; indicazione di scompenso; conseguenza di un intervento chirurgico; indicazione di ignoranza; indicazione di debolezza; indicazione di mancanza di carattere o forza d’animo; la seconda valenza: una malattia di per se stessa vera e propria, oppure dovuta devianza psichica.»
Per lui la prescrizione analgesica verteva soprattutto sull’assunzione di oppio, che nel caso specifico, secondo lui, non dava dipendenza, e appena calmato il dolore subito viene abbandonato dal paziente stesso.
Sottolineo che nel campo medico lungo tutto il corso dei secoli le pagine dedicate al dolore sono migliaia, e non si limitano alle scarne citazioni che ho fatto.Vi risparmio naturalmente le abbondanti citazioni che fanno sul dolore i molti poeti musulmani, in particolare in Rûmî e Omar Khayyam.

Veniamo ora alla malattia. Ne posso parlare globalmente: scendere nei dettagli comporterebbe un intero corso di lezioni, distribuite in più mesi. Vi darò rapidamente una informazione succinta. Sin dai primi secoli l'Îslâm considerò che la cosa più importante relativa a una malattia è la sua cura, ma descriverne il lungo cammino e le molte opinioni comporterebbe una storia della medicina nell’Îslâm.
Âbû Hamid âlGhazalî (1058-1111), grande maestro sufi ed eminente filosofo islamico disse: «La malattia è una delle forme di esperienza tramite le quali gli uomini giungono alla consapevolezza di Dio. Dio stesso, infatti, ci dice: Tutte le malattie sono i Miei assistenti che Io dispenso ai Miei amici prescelti.»
L’evento malattia, con i concetti conseguenti di lesione, di dolore, e con la corrispondente paura di eventuale… perdita della vita terrena, può essere uno squilibrio di per sé, ma non per quell’essere umano che realmente conosce se stesso, e che è giunto a conoscere se stesso attraverso la consapevolezza.
Conoscere compiutamente se stesso significa avere una visione non solo limitatamente accademica, non solo limitatamente materialistica, ma di un olismo che abbracci tutti i saperi, al fine di giungere all’unico e vero Sapere. «Che importa all’uomo – ci dice il Vangelo – conquistare tutte le ricchezze del mondo, se poi perde l’unica sua vera ricchezza, l’anima?»
In questo caso si tratta di rispettare la “gerarchia della creazione”, la collocazione temporale, e saper leggere i segni della natura, principio base dei segni di Dio; ma soprattutto giungere a quella unica conquista possibile per la nostra condizione umana e per la nostra sete di perfezionamento: l’equilibrio. Poi che l’intero universo fenomenico, infinito essendo infinito il suo Creatore, sottostà alle leggi del ritmo e della simmetria; sono dunque la consapevolezza completa del sé, la padronanza dell’equilibrio e la conoscenza del ritmo e della simmetria che ci potranno porre in quello stato ottimale di “salute”, transitorio e riequilibrabile ad ogni istante nel nostro viaggio dalla nascita alla morte.

Per tutte queste ragioni succintamente accennate il mondo islamico (per il quale non sussiste il peccato originale e pertanto neanche il concetto della sua "espiazione") non accolse il dolore come veicolo di espiazione o di merito. Il dolore è solo l'indicazione di una malattia da curare o tuitt'alpiù l'indicazione di una ignoranza, di una inadeguatezza, per ovviare le quali vanno perseguiti la ricerca e lo studio (il Profeta disse: «Seguite la via di una scienza, doveste per questo andare fino il Cina.» E: «A colui che segue la via di una scienza Dio apre più grandi le porta del Paradiso.»). Importante semmai è "come" viene vissuta la sofferenza che è comunque una realtà individuale, ogni essere umano costituendo un mondo a sé. Infatti dolore e sofferenza sono avvertiti dall'individuo, si può far sapere che si soffre, ma trasferirli e farli sentire.
D'altro canto anche il concetto di "martirio" è del tutto avulso dalla realtà coranica auutentica e correttamente letta. Altro detto coranico: «Il sangue di colui che studia è superiore al sangue dei martiri.» Così, ad esempio, i "martiri" che oggi si sacrificano per un concetto politico o per l'esasperazione costituita da una situazione insostenibile lo fanno per ragioni socio-economico politiche e anche per la presenza di una particolare devianza psichica, ma non possono farlo in nome della religione islamica, che lo vieta. Con questo "non" meritano il Paradiso, visto che il Corano è ben preciso in merito (numerosi passi), e inoltre tassativamente condanna il suicidio volontario, ed il suicida volontario non avrà il perdono di Dio (numerosi passi).
Per ciò furono vanto dell'Îslâm i primi ospedali, i primi manicomi, nuovi strumenti chirurgici, ed un'ampia farmacopea che  a volte addirittura anticipa  i principi attivi di alcune medicine d'oggi. Il primo grande medico trattatista fu alRazes (?-925), fondatore dell'ostetricia, primo descrittore del vaiolo e del morbillo, nonché degli psicosomatismi. Il Canone di Avicenna, opera in 14 volumi, fu in Europa il testo base della medicina nelle Università per settecento anni. Egli scoprì i sistemi della tubercolosi e del diabete, dell'effetto placebo, e studiò a fondo la psicologia umana, che egli considerava base del funzionamento del corpo umano. Termini mutuati dall'arabo sono ad esempio “dura madre” e “pia madre”. All'Îslam l'Europa deve gli studi sull'oftalmologia, la vaccinazione, l'organizzazione pediatrica e i primi sudi di anatomia. La prima descrizione esatta del meccanismo della circolazione sanguigna fu scritta da Îbn Nafis (?-1288). In Europa occorrerà giungere sino ad Harvey, nel 1628.
Tutto qui. Ecco con questi parziali e brevi accenni, come fu considerato il dolore e quale fu il significato della sofferenza nel vasto mondo della millenaria cultura islamica.

.Ospedali Bimaristan, o maristan (bimar: malato), dar âlMarda
707 âlWalid a Damasco.
Il governatore Abbaside del Khurasan scrive al figlio 821 che ivi molti ospedali.
dal 790 la capitale medica fu Baghdad, con dieci ospedali; poi sessanta, con farmacie, biblioteche, reparti. Facoltà medica fondata da âlMamum (7 califfo) Casa della Salute, con il “Giornale dei casi”. Sezioni per gli alienati.
Manicomio: Aleppo, fondato da Nur alDin Mahmud Zanji poco dopo il 1157. Rifatto nel 1260 da AlNasir Mamelucco: tre sezioni: inizio, cura, cronici.
Divrigi, 1228, per conto della principessa Turan Malk
Edirne, Beyazit II° 1498. Evlia Celebi: musicoterapia
Trattati di psichiatria:
Najab alDin Unhammad di Samarcanda VIII secolo.
Abu Sayd bn Bakhtyshu: olistica, psicosomatismo e somatopsiche. - Risalah fi alTibb wa alAhdat alNaf saniya
La depressione è la più descritta. Ibn Masawaih (800-857), Abi aalAsh`ath m 970, Humaiun bn Ishaq 809-873;
 Ishâq bn `Imrân m 970: Maqâla fî âlMâlîhûliyâ (trattato della Mel). tradotto da Costantino l’Africano in latino. Distingue tristezza, ansia, angoscia. Psichici e somatici. Psicoanalisi e medicine.
DeMaio pag 87, 111, 112
alRazi (854-925 o 935), uno dei massimi medici. Kitab alHawi (Continens). Con lui nasce la clinica, modernamente intesa. 4 capitoli psi. Anche placebo e prassi psicosomatica. Sîra âlFalsafiyya, Medicina spirituale in cui venti capitoli di psi. Da questo un passo sull’alcoolismo: pagina 168 e 169 Nasr.
Il bere è uno dei componenti...
Al`IBADI m. 873 Oculistica.
Avicenna (?-1037). Canone 14 volumi.  Frenite, delirio, letargia, caroco, apatia, melanconia. Distingue: paura (ansia) e depressione. Epilettologia
Farmacologia: DeMaio 144.
ottima perché
1) mancanza di superstizione
2) comparazione con vasta area e accettazione di tutte le medicine estranee all’islam
3) studio etimologico dei prodotti (botatonomia, provando e riprovando) considerevoli descrizioni e
prontuari; descrizione (alBiruni 973- 1051 farmacopea con sinonimi in siriaco persiano greco afghano curdo
iperico
carbonato di litio
Sedativi Amomo
Rilassante Camomilla, Mandragora
Nervosi Cardamomo
Umore Coloquintida
Melanconia Costoreo, Cuscuta
Frenesie Croco, Elleboro nero, Mirto
Allucinazioni Mirabolano
Ortica, Papavero, Valeriana.

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