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Scienza e filosofia nell'Īslām*

Gabriel Mandel khān

Vicario generale per l'Italia della Confraternita dei Sufi Jerrahi-Halveti

Tre detti del Profeta Maometto: “Seguite la via di una scienza, doveste per questo andare fino in Cina”; “A colui che segue la via di una scienza Dio apre pił grandi le porte del Paradiso”; “Il sangue di colui che ha studiato č superiore al sangue del martire”.

E inoltre nel Corano (2Ŗ255): Dio sa ciņ che č prima e ciņ che č dopo di loro, e della Sua scienza essi ne colgono solo quanto Egli concede. E ancora: (6Ŗ148) Non seguite le congetture, non la menzogna, ma esibite una scienza; (12Ŗ76) Di sopra da ogni uomo che possiede una scienza ve ne č uno pił sapiente ancora; (53Ŗ28) Contro la veritą non servono le congetture: occorre la scienza.

Questo diede alla Scienza pieno diritto di cittadinanza nell’Īslām, e infatti lo studio e la coltivazione delle scienze fu sempre considerato un dovere religioso, e fu soprattutto uno dei principali doveri religiosi dei sufi, i mistici dell’Īslām. Per l’Īslām l'essere di un individuo dipende dalla propria conoscenza. Per i sufi uno pił č quanto pił sa, e quanto pił sa tanto pił vale anche il suo cammino spirituale, che non č disgiunto dalla conoscenza formale, cioč dalla scienza e dalla filosofia.

Molte voci e molte fonti unirono allora le culture e le scienze del mondo islamico a quelle indiane, tardoantiche, sasanidi e cinesi.

Per i contatti con la scienza cinese basti un esempio: La parola āl Kīmiyā (da cui derivarono i termini europei alchimia e chimica) sembra derivare dal cinese Kim-Ia (o Gin-ii): liquido per produrre oro. Ai Cinesi i musulmani dovettero, nel IX secolo, la conoscenza della carta, base di tutta la vastissima organizzazione editoriale islamica. Nelle arti invece l'influsso cinese fu forte soprattutto dopo l'invasione dei Mongoli (regno ilkhanide).

Per ciņ che riguarda la medicina islamica, essa risulta dalla sintesi delle medicine ippocratea, galenica, iraniana e indiana. Le prime due erano presenti soprattutto ad Alessandria d’Egitto, le altre due nella cittą sasanide di Giundishapur, principale scuola del Tardo Antico. Ad esse si innestņ La medicina del Profeta (Tibb āl Nabī). Baghdad ne divenne il centro principale, diffondendo una serie di traduzioni dei codici antichi delle varie scuole, e dalle lingue greca, pehlevica e sanscrita. Si stabilģ anche un vocabolario tecnico basilare.

Un secondo apporto considerevole fu dato alle scienze islamiche dalla istituzione di Ospedali (Bimaristan, o maristan – da bimar: malato – o anche dar āl Marda) e poi, conseguentemente, di manicomi. Il primo Ospedale venne creato a Damasco nel 707 dal califfo āl Walid Mansūrī, ed č attivo ancor oggi.

Nell’821 il governatore Abbaside del Khurasan scriveva al figlio che in quella regione turco-iraniana esistevano numerosi ospedali. Dal 790 comunque la capitale medica fu Baghdad, con dieci ospedali, e due secoli dopo sessanta, ciascuno con farmacie, reparti vari e biblioteche anche pubbliche. Una grande Facoltą di Medicina, detta Bayt ālHikma (Casa della Saggezza), fu quella fondata a Baghdād nell’832 dal settimo califfo abbaside Hārūn ālRashīd. Pubblicava un “Giornale dei casi”, ed aveva sezioni speciali per gli alienati.

Il primo manicomio specifico venne fondato da Nūr āl Dīn Mahmud Zanjī ad Aleppo poco dopo il 1157. Rifatto nel 1260 dal mamelucco āl Nasir, era diviso in tre sezioni: inizio, cura, cronici. Celebre fu in tutto il mondo islamico l’Ospedale psichiatrico Nūrī, fondato a Damasco nel  XII secolo; cui seguirono quelli turchi di Divrigi, del XIII secolo e di Edirne, del XV°.

Nell'ambito delle scienze islamiche, comunque, figura centrale fu non il ricercatore ma il sapiente (hakīm), per solito medico, scrittore, poeta, astronomo, matematico, psicologo, e soprattutto maestro sufi. Il sistema di insegnamento e la classificazione delle scienze, base prima della conoscenza islamica, son dipendenti da questo particolare tipo di studioso. Si tese non alla specializzazione ma alla conoscenza globale ed enciclopedica, naturalmente entro i limiti d'una conoscenza scientifico-filosofica che non raggiungeva gli ampi valori d'oggi.

Uno dei primi grandi scienziati musulmani infatti, ālKindī, scrisse circa 270 trattati di logica, filosofia, fisica, matematica, medicina, storia naturale, con effettiva profonditą in tutti i campi in cui spaziņ vastamente.

Āl Fārābī fu il primo studioso a compiere una classificazione completa delle scienze. Avicenna (Ībn Sīnā), fu la guida dei sapienti. ed č da considerarsi ancor oggi il massimo filosofo-scienziato dell'Īslām. A lui si deve la positivizzazione della medicina, e dal suo Canone derivņ tutta la scienza medica dell'Occidente.

La classificazione delle scienze procede dal concetto di unitą delle scienze, e si basa su una gerarchia che ha formato nel corso dei secoli la base del sistema pedagogico musulmano, che diede origine alle Universitą. Il primo centro importante in cui vennero insegnate filosofia e scienze matematiche e naturali fu la Bait ālhikmah (la Casa della sapienza) di Baghdad, circa nell'815, con biblioteca pubblica ed osservatorio; mentre l'Universitą pił antica, ed ancor oggi attiva, fu quella di ālĀzhar, al Cairo, fondata nel 970: mille e trenta anni or sono.

Abbiamo allora le scienze della natura e la scienza dell'uomo, a partire dall'antropologia nel senso pił ampio del termine, e che si basano sulla filosofia dell'ambiente socio economico politico. Il primo sociologo della storia dell'umanitą fu Ībn Khaldūn (?-1406). Sintesi di queste conoscenze plurime fu la tradizione alchimistica, che considerata nella sua totalitą tocca le scienze naturali ma anche l'ambito sottile della psicologia e della spiritualitą, filosoficamente intese. Ognuna delle varie scuole in cui si espressero questi valori ebbe poi una sua “filosofia della natura”, per cui vennero in definitiva trattate coralmente tutte le scienze che fanno parte dell'universo. Un sunto di queste discipline si ebbe, ad esempio, in quella che č l'anticipazione dell'Enciclopedia del Diderot: La Risālat ālJiāmi`ah (52 volumi), enciclopedia dei Fratelli della Purezza, del X secolo, in cui si legge per la prima volta il motto "Libertą, eguaglianza, fratellanza".

         Si consideri in definitiva che in matematica, in astronomia, nell'agricoltura sono molti e molti i termini desunti dalla lingua araba, che ancor oggi testimoniano della derivazione delle scienze occidentali da quelle islamiche. A partire dai nostri numeri che, originati in India, vennero elaborati nei paesi islamici, per cui sono comunemente detti numeri arabi.

 

Abbiamo visto dunque che l'Islam tende a vedere l'unitą nella disunitą apparente e nei contrasti precipui del mondo fenomenico. Ciņ portņ all'esaltazione formale dello gnosticismo filosofico-scientifico. Infatti lo gnostico, essendo in grado di vedere le cose come realmente sono, integra tutte le opinioni scientifiche disparate, nella loro unitą di principio.

Il mondo occidentale ha concentrato i suoi sforzi sullo studio degli aspetti quantitativi delle cose, giungendo ad una scienza tecnologica e immediatamente produttiva in senso materialistico. La scienza islamica tendeva a conseguire una conoscenza in grado di contribuire al perfezionamento e alla spiritualitą di chi la studiava. I suoi frutti sono quindi prettamente interiori. Pur giungendo a dare contributi essenziali alla chimica, alla irrigazione dei campi, alla determinazione del calendario e dell'astronomia, alle costruzioni, il suo scopo č stato quello di stabilire una relazione tra mondo materiale e mondo spirituale, attraverso la conoscenza dei vari ordini di realtą.

        

         Partiamo dal concetto di base dei Sufi che l'essere umano č composto da quattro elementi: uno spirituale, l'anima; e tre materiali: corpo, psiche, ambiente. Consideriamo poi che per i Sufi conoscenza ed individualitą coincidono nella gnosi. Qui scienza e Fede trovano ritmo e armonia. La filosofia č limitata al piano mentale, essendo teoretica; la gnosi illumina l'intero essere di colui che conosce. E' una sorta di manifestazione dell'Ente supremo, dal quale tutto attinge luce e vita.

L'uomo allora diventa il corpo del Logos nella sua manifestazione microcosmica. L'anima č la goccia dell'oceano infinito che č Dio, mentre le altre tre componenti materiali sono la transitorietą fenomenica di cui la scienza si occupa per giungere alla conoscenza del fine ultimo, autentico, dell'essere umano, per giungere cioč, per quanto possibile, a una comprensione di Dio. Scienza e filosofia servono per giungere alla percezione soggettiva della conoscenza oggettiva, nel mutamento da piombo ad oro grazie a questa pietra filosofale, secondo il motto del Sufi: “Chi conosce se stesso conosce Dio, chi conosce Dio conosce se stesso”.

Ripeto quello che ho detto all'inizio. Lo studio e la coltivazione delle scienze fu sempre considerato un dovere religioso, e fu uno dei principali doveri religiosi dei sufi. Per l'Īslām l'essere di un individuo dipende dalla propria conoscenza. Per i sufi uno pił č quanto pił sa, e quanto pił sa tanto pił vale e tanto pił vale il suo cammino spirituale, che non č disgiunto dalla conoscenza formale, cioč dalla scienza e dalla filosofia.

Cosģ si evidenzia la preghiera del Profeta Maometto, nella trascrizione che ne fece il maestro sufi Jāmī:

“O Dio, liberaci dalle preoccupazioni per le vanitą del mondo e rivelaci la natura delle cose ‘come realmente sono’. Togli dai nostri occhi il velo dell'ignoranza, e facci vedere le cose ‘come realmente sono’. Non rivelarci la non-esistenza come esistente, e non distendere il velo della non-esistenza sulla bellezza dell'esistenza. Fa' di questo mondo fenomenico lo specchio in cui si riflettano le manifestazioni della Tua bontą, non un velo che ci separi e ci respinga da Te. Fą sģ che i fenomeni irreali dell'Universo siano per noi fonte di conoscenza e di intuizione, e non causa di ignoranza e di cecitą. La separazione, la lontananza dalla Tua bellezza dipendono interamente da noi: liberaci da noi stessi e accordaci la conoscenza intima della Tua essenza”.

Dice il Corano, in  2Ŗ269: Dio dą la saggezza a chi Egli vuole. E colui al quale la saggezza č donata, certo, č un gran bene che gli č stato dato; ma si danno la cura di rammentarlo solo i dotati di intelligenza. Ciņ, in definitiva, significa: poiché il Corano invita allo studio, per l'Īslām la Fede non respinge la Ragione e la Ragione non respinge la Fede. Solo gli integralisti non usano la Ragione, appunto perché alla Fede hanno sostituito l'ipocrisia, l'ipocrisia che si alimenta di malafede, di violenza e di ignoranza, come ci rendiamo conto oggi con una estrema evidenza.

Il Male č universale, tocca tutti: credenti d'ogni religione, non credenti, atei. Ma la Fede ci aiuta a sopportare il male, la Religione ci aiuta a non compiere il male, e il Misticismo ci pone di lą dal male.

Gabriele Mandel

 

*da "Il Laboratorio" – rivista periodica della Comunione massonica della Toscana, Grande Oriente d'Italia-Palazzo Giustiniani – numero 55 del marzo-aprile 2002 alle pagine 17 e 18.

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