L'ALIMENTAZIONE NELL'ISLAM:
principi, concetti,
consuetudini e scienza
Nell'Islam, come
descriverò più dettagliatamente in seguito, gli alimenti si suddividono in:
halâl: (permessi, leciti);
harâm: (proibiti, illeciti);
mushbûb: (dubbi, sospetti; il loro consumo è quindi affidato alla coscienza del
musulmano);
makrûh: (abominevoli).
In arabo:
alimentazione e alimenti: ghidhâ (plurale âghdhiya). Propriamente:
"ciò che assicura al corpo la crescita e il mantenimento di uno stato ottimale (qâmûs)";
preparazione dei cibi: tabkh; regole di educazione a tavola: âdâb âlÂkl;
macellazione: majzara; macellaio: jazzâr. Carne: lahm.
Leggiamo nel Corano, Vª5: Oggi
è reso lecito a voi il buon cibo [âlTayyibât, letteralmente: i gradevoli, le
cose sane]; gli alimenti di quelli che hanno ricevuto le [sacre] Scritture sono leciti
per voi, e i vostri alimenti sono leciti per loro. E del pari le donne oneste fra le
musulmane e quelle oneste fra quelli cui sono state date le Sacre Scritture prima di voi;
purché diate loro la loro dote, vivendo con rispetto, non commettendo fornicazione e non
prendendo amanti. Chi rinnegherà il buon comportamento, vanificherà il suo operato e
nella vita futura sarà fra i perdenti.
Fakhr âlDîn Râzi (?-1210)
in XI° 142 già precisava che con il termine tayyibât si doveva intendere un cibo
gradevole, desiderabile, sano. Mahmûd Zamakhsharî (?- 1134) in I°, 323/9, lo descriveva
Ma laysa bi khabit: "ciò che non è corrotto e pernicioso". In linea di massima
quindi sono permessi ai Musulmani i cibi sani; e sono specificatamente proibiti il maiale
e gli alcoolici.
Per questa ragione l'îmâm
Shâfi`î (767-820), fondatore della scuola teologico-giuridica shafi`ita, contrariamente
alle teorie delle altre tre scuole teologico-giuridiche dichiarava lecita la carne degli
equini.
I°) Alimentazione degli
Arabi prima dell'Îslâm.
Poesia arcaica, testi classici e Corano indicano il tipo di alimentazione particolare
della Penisola arabica: gli animali da allevamento, prevalentemente il montone, anche il
grasso del cammello e della coda di montone; ma l'uso abituale di carne era comunque raro.
Principale alimento base era il latte, di cammella, di capra, di pecora (Corano, 16ª66),
e da questi il burro e i formaggi. Nel Sud della Penisola primeggiavano i datteri, in
grandi varietà; nel Nord, pane (di orzo e di frumento), zuppe, legumi, e poca selvaggina
di ogni tipo. Soprattutto i popoli agricoltori avevano zuppe e piatti di carne molto
grassi. Molto apprezzato anche per le sue qualità altamente salutari il miele, che verrà
poi lodato anche nel Corano. Vino soprattutto di palma, ma anche di uva, e a volte
importato. Il quadro religioso preislamico era molto vario, quindi anche per ciò che
riguardava gli alimenti sussistevano molte varietà di regole. Le più note eran quelle
delle comunità ebraiche, una cui eco si sente nel Corano là dove rende lecito a tutti i
Musulmani ogni tipo di pesce.
II° Regole alimentari del
primo Îslâm.
Il mondo islamico inglobò paesi conquistatori e paesi conquistati, ciascuno con una
sua tradizione alimentare. Tuttavia già dal terzo secolo dell'Égira gli interscambi e
l'unità del dogma creano una vasta area relativamente omogenea in cui emergono
soprattutto gli usi di tre cucine tipiche: la romana, la bizantina, la turca. Anche grazie
all'organizzazione e all'estensione dei commerci, si diffondono i prodotti base; ne sono
esempi maggiori il riso e lo zucchero di canna, venuti dall'Asia centrale. Il riso,
dall'India giunge sino in Spagna. Ma anche altri prodotti ignoti all'impero romano
giungono ora anche all'Europa cristiana. Lo zucchero, dall'India, soppianta l'utilizzo
romano del miele, ma vi si affianca anche il giulebbe di uva, di carruba, e di altri
frutti dolci. Di grande commercio universale è il grano. Particolarmente apprezzate le
spezie, importate dalla Cina e dall'India, già note in periodo preislamico e anzi
veicolate nel Bacino mediterraneo dalla Grande carovaniera dell'incenso, essendo
essenziali per la conservazione degli alimenti e per problemi di disinfezione intestinale.
In definitiva i principali apporti islamici all'Occidente furono: il riso, gli spinaci, i
limoni, le arance, le pesche, i carciofi, le albicocche, lo zucchero, il caffè. Con i
prodotti furono veicolati anche gli insegnamenti per coltivarli ed elaborarli. I paesi
islamici importavano a loro volta derrate alimentari anche da paesi non musulmani: dalla
Russia e dai paesi slavi pesce secco, miele e nocciole; dalla Toscana olio d'oliva; dalla
Francia e dalla Sicilia formaggi particolari.
III° - a) Conservazione.
I precedenti metodi romani e bizantini erano ben conosciuti nel mondo islamico. Cibi
seccati con vari metodi (anche carni e pesci) erano presenti dovunque, così come i cibi
affumicati e salati. Meloni della Transoxiana erano portati a Baghdad in ceste con
ghiaccio, chiuse in casse di piombo. Erano comuni i cibi conservati sott'olio, nell'aceto,
nel miele, chiusi in boccali sigillati, anche posti sottoterra. Gli aromi venivano
soprattutto dall'India. Ma va considerato che la farmacopea musulmana - in quei tempi
all'avanguardia in tutto il mondo antico - aveva già fatto conoscere la conservazione
mediante antisettici. In generale i venditori di cibi conservati costituivano vere e
proprie corporazioni per le "conserve alimentari". Avevano una considerevole
rete commerciale, e importavano perfino dall'Italia salsicce (non di maiale) conservate
con metodi romani, che venivano principalmente dalla Lucania, come dimostra il loro nome
arabo laqâniq o naqâniq.
III° - b) Preparazione.
La giurisprudenza malikita e la giurisprudenza abadita prescrivono che la moglie non può
essere obbligata a macinare; dilatando questo assunto si andò ben presto stabilendo nel
mondo islamico l'uso di far preparare una parte dei cibi da negozianti specializzati.
Invalse in seguito l'uso, ad esempio, che le paste venissero portate a cuocere dal
fornaio, e alla fine furono molti i piatti venduti già pronti. I viaggiatori europei che
visitarono il Cairo nel Medioevo parlavano di circa 12.000 rosticcerie. La preparazione
dell'olio era assicurata da vere e proprie industrie. Per i cristiani e gli ebrei e per
qualche musulmano che non seguiva il divieto coranico era comunque presente l'industria
del vino, con variazioni da paese a paese. Ve ne erano importanti centri in Siria, ma non
in Egitto; in tutto l'impero Ottomano, ma non in Istànbul. Industria di considerevole
portata fu quella dello zucchero di canna, apprezzato in tutto il mondo. Nell'antico Cairo
producevano zucchero 58 stabilimenti, e sotto i Mamelucchi ciò divenne un monopolio di
stato. Molto apprezzate furono anche le industrie delle marmellate, dei dolci, della
bottarga.
IV° - Distribuzione,
consumo e studi dietetici.
Le variazioni nell'alimentazione islamica sono dovute soprattutto alle variazioni
geografiche, alle tradizioni di ogni gruppo e nazione, alle varietà di risorse e di
situazione socioeconomica. Già se ne occupò abbondantemente Îbn Khaldûn (1332-1406),
considerato il fondatore della sociologia.
Vi era dunque una grande
mobilità, sia per l'importazione di cibi da paesi molto lontani fra loro, sia per
l'assunzione di cuochi rinomati provenienti anche da contrade lontanissime. Ad esempio, il
governatore âlTâhir ben âlHusayn (IX secolo) assunse a Baghdad un cuoco del Khorasân.
Da ciò, una ricchezza di termini anche di origine geografica per i vari tipi di piatti.
Da notare infine che la più antica raccolta scritta di ricette risale all'XI secolo. Più
importante era forse la questione ideologico-religiosa: ad esempio, i cammellieri arabi
portavano con sé le gallette per non mangiare in Cina cibo non lecito. Ma naturalmente la
maggior diversità era determinata da differenti generi di vita, soprattutto fra nomadi e
sedentari. Non va poi dimenticato sia uno spiccato gusto per la cucina esotica da parte
dei ricchi e dei potenti, sia l'aspetto magico attribuito a certi cibi dal popolino.
Naturalmente le scienze, sviluppatesi grandemente tra X° e XV° secolo si occuparono
anche dell'alimentazione. In particolare la Medicina (si pensi al celeberrimo turco
Avicenna, il cui Canone fu alla base dello studio della Medicina in tutte le università
europee fino al XVII° secolo). Partirono genericamente dalla teoria umorale e si basarono
soprattutto su ricerche sistematiche parallele a quelle della farmacopea, ramo scientifico
considerevole nel Medioevo islamico. Il primo trattato di dietetica a noi noto fu quello
di Âbû Bakr âlRâzî (?-932); ed un celebre trattato fu quello scritto da Maimonide
(Îbn Maymûn, 1135-1204) per il re âlMalik âlÂfdal. Si può affermare che ogni sovrano
ed ogni persona eminente avevano tra i loro cortigiani un dietologo (Dieta: hummiyya.) Da
un altro libro di âRâzî, il Kitab âlMurshid, citerò due frasi: "Propendi molto
per quello che il malato desidera come nutrimento, in particolare se la sua forza è
depressiva, se il suo appetito è scarso, o se abitualmente ha nausea e vomito; e se è
cibo per lui dannoso dagliene la quantità minima (278)"; e: "Ogni volta che
puoi curare con gli alimenti, con curare con medicamenti. Chi conosce bene la natura degli
alimenti è più illuminato."
Varie citazioni nel Corano
riguardanti l'alimentazione.
I generi di alimenti (permessi, illeciti): 40 citazioni.
Regole di comportamento in relazione al cibo: 3 citazioni.
L'invito a pranzo e il comportamento a tavola: 10 citazioni.
L'uccisione rituale (come, dove, quando) :10 citazioni.
La caccia (legittimità, strumenti, regole): 7 citazioni.
Bevande (lecite, illecite): 5 citazioni.
Vi sono poi alcuni detti del
Profeta (âhâdîth) che forniscono spiegazioni suppletive sull'interpretazione dei
suddetti Versetti, e inoltre consigli a latere (come l'indicazione di non entrare in una
moschea con l'alito che puzza d'aglio). Fra le "raccolte" autorevoli e
attendibili di Âhâdîth citerò in particolare la più importante, quella di
âlBukhârî (810-870). Vi leggiamo, al Titolo LXX: Degli alimenti; al Titolo LXXII: Degli
animali da sgozzare e della cacciagione; al Titolo LXXIV: Delle bevande. Nel Riyâad
âlSâlihîn, raccolta di Âhâdîth fatta da âlNawawî (1233-1278), abbiamo, al Libro
III: Delle corrette maniere di cibarsi.
Col passare del tempo si sono
aggiunte norme che proibiscono tipi nuovi di cibo ritenuto nocivo; esse vanno dal
consiglio di non consumarne (ad esempio caffè e tabacco), alla proibizione formale (le
sostanze stupefacenti comunemente dette droghe). Alcune Scuole di Giurisprudenza
sconsigliano anche la carne di cane, di gatto, d'asino, i rognoni, il midollo, il
cervello, e gli attuali prodotti alimentari con conservanti o altri ingredienti di origine
animale, indicati nelle etichette con la lettera E. Proibiti i collageni e le gelatine
animali. Sono dubbi (mushbûh) e quindi in linea di massima da evitare, i cibi contenenti
colesterolo, gliceridi, monogliceridi, digliceridi, enzimi, ethoxylato mono- e
di-gliceride, acidi grassi, glicerolo e glicerina, stearato di glicerolo, glocogeno,
proteine animali idrolisate, pepsine, fosfolipidi, presame (caglio) e siero latteo
(naturalmente non lo yogurt e ciò che lo compone, ché anzi è uno dei principali
alimenti consumati dalle genti turche), materie derivate da grassi animali. In definitiva:
nel mare magno di quanto oggi l'industria alimentare propone, l'Islamic Food and Nutrition
Council of America (P.O.Box 425, Bedford Park, IL 60499) ha oggi stabilito - oltre a
quanto detto più sopra - un elenco degli alimenti e loro componenti leciti e illeciti.
Sono stati dichiarati
leciti:
Aceto, Acido acetico (aceto), Acido ascorbico, Acido citrico, Acido fosforico, Acido
ossalico, Acido propionico, Amidi, Aspartame, Benzoato di potassio, Benzoato-Acido
benzoico, BHA, BHT, Bromato di potassio, Burro di cacao, Carbonato di calcio, Carragenani,
Cloruro d'ammonio, Destrina di malto, Destrina, destrosio, Digliceridi, EDTA, Enzima
fungal-proteasi, Ergocalciferolo, Ergosterolo, Fosfato bicalcico, Fosfato di monocalcio,
Fosfato tricalcico, Fruttosio, Glucosio, Gomma d'acacia, Latte in polvere non grasso,
Lecitina, Lieviti, Lievito di panetteria, Malto, Melassa, Monosaccaridi, MSG (Glutammato
di sodio), Nitrati, Nitriti, Olio di soia, Olio idrogenato, Olio vegetale parzialmente
idrogenato, Olio vegetale, PABA, Prodotti Peptici, Propionato, Proteina di soia, Proteine
vegetali idrolizzate, Saccarina, Sale, Sciroppo di mais, Soia, Solfato d'ammonio, Solfato
di ferro, Sucrosio, Tapioca.
Comunque, riguardo alle
carni commestibili, per l'Islam in generale:
Vi sono animali il cui consumo è lecito (halâl).
Vi sono animali il cui consumo è dubbio, sospetto, preferibilmente da evitare (mushbûh
).
Vi sono animali il cui consumo è proibito, illecito (harâm - termine che significa
anche: sacro, inviolabile).
Vi sono animali il cui consumo è abominevole (makrûh).
La carne di pesce è lecita. La selvaggina è lecita solo se il cacciatore è musulmano e
se sparando pronuncia la formula tasmiya (Bismillâhi, Âllâhu âkbar: Nel Nome di Dio,
Dio è il più grande), o se, catturata la preda viva, la dissangua ritualmente. Dietro il
versamento di un'elemosina a un povero sono leciti anche l'onagro e la iena.
L'animale trovato morto (mayta, la carogna) è proibito, tranne nei soliti casi di
necessità assoluta (Corano: V, 3).
Tuttavia, la carne degli
animali leciti è commestibile solo a condizione che essi siano stati macellati secondo il
rituale, ossia secondo le prescrizioni sciaraitiche (termine derivato dal vocabolo arabo
Sharî`a: la Legge religiosa islamica). Pertanto la carne degli animali da macello
(bovini, ovini, caprini) e degli animali da cortile (conigli, pollame) è lecita solo se
sono stati macellati secondo le regole islamiche, ossia:
a) il macellatore deve essere musulmano
b) l'animale deve essere adagiato sul suo fianco sinistro, con la testa volta alla Ka'ba
c) il taglio della gola deve essere eseguito: 1) con una lama affilatissima, senza
assolutamente intaccare la spina dorsale, 2) recidendo con un unico, veloce colpo le vene
carotidi, le arterie giugulari, la trachea e l'esofago; 3) il taglio va fatto alla base
del collo se il collo è lungo (cammello, giraffa, struzzo, oca), o nella parte più alta
del collo se è corto (bovini, ovini, caprini); 4) va fatto con la mano destra, mentre la
sinistra tiene ferma la testa dell'animale.
d) il taglio NON va preceduto da stordimento dell'animale
e) l'animale deve essere trattato con rispetto; e posto in un luogo in cui non vi siano
tracce di sangue o di bestie macellate, onde evitare che l'odore del sangue terrorizzi
l'animale. Esso va accarezzato, tranquillizzato.
f) le gambe dell'animale vanno legate, tranne la destra posteriore, affinché l'animale
possa muoverla e scalciare, sentendosi così più tranquillo.
g) ma, soprattutto: il taglio va preceduto dalla formula già citata prima: Bismillâhi,
Âllâhu âkbar.
Se uno di questi precetti non
è osservato, la carne dell'animale non è lecita.
Questa macellazione rituale
ha lo scopo di far uscire il sangue dall'animale. Infatti il sangue è carico di tossine
negative per l'essere umano, e se l'animale si spaventa per la morte imminente scarica nel
sangue adrenalina, pur essa tossica. Il taglio della gola fa sì che, con la mancanza di
ossigeno al cervello, la morte dell'animale sia immediata, mentre i riflessi condizionati
continuano a far sì che il sangue venga espulso dal corpo.
Macellazione sciaraitica
in Italia
L'Italia ha assunto la normativa della Comunità Europea, le cui norme sono diverse da
quelle ebraiche e musulmane. Tuttavia è stata prevista una deroga a beneficio delle
Comunità minoritarie, e quindi la macellazione sciaraitica è autorizzata. Pertanto è
stato stabilito che la macellazione venga eseguita da macellai musulmani incaricati dalle
Comunità e accreditati presso i macelli dagli organi rappresentativi musulmani, che
debbono controllare il rispetto delle regole.
Situazione in Italia
L'Îslâm non è un blocco monolitico retto (come il cristianesimo) da un capo che lo
diriga e decida per tutti. L'Îslâm, inoltre, non è ancora riconosciuto come religione
dallo Stato italiano, perciò non può reclamare la tutela degli Organi di Stato per tutti
quei prevaricatori che si dichiarano rappresentanti o presidenti dei musulmani d'Italia
senza esserlo affatto. In Italia i gruppi islamici che si contendono la rappresentanza
sono numerosi e non sempre legalmente religiosi. Anzi: al proposito va precisato che la
Religione islamica non è stata ancora accettata come religione dallo Stato italiano; e
per conseguenza, anche se noi chiamiamo moschee i centri in cui i musulmani si riuniscono
per la preghiera, in effetti essi sono legalmente solo "Centri culturali",
libere associazioni no-profit e nulla più. Ne consegue che non vi è tutela legale per le
organizzazioni islamiche, per cui chiunque può dichiararsi îmâm e aprire una cosiddetta
"moschea", anche se non ne ha i titoli necessari. La più importante
organizzazione islamica che raggruppa questi "Centri culturali" è comunque
l'UCOII (Unione Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia), tuttavia la macellazione
sciaraitica nella Regione Lombardia non è in relazione con l'UCOII.
Situazione nel territorio
milanese
La gestione sciariatica è per lo più svolta da un gruppo wahabbita con piccola
moschea a Segrate (i Wahabbiti sono situati nella Penisola arabica, e sono integralisti e
limitati). Essendo stato il primo gruppo organizzato a Milano come Centro culturale (ossia
essendo stata la prima moschea sul territorio, moschea oggi superata da altre quattro più
importanti) ottennero dalla Regione Lombardia la possibilità di nominare il garante e di
timbrare. Così questo gruppo amministra gran parte delle macellerie halâl di Milano (che
sono circa 130). Tuttavia - a quanto mi dicono i bene informati e in particolare l'âmîr
del maggior "Centro culturale (leggi moschea di Milano) - a malgrado della
supervisione della moschea di Segrate la funzione sciaraitica non sempre è svolta
correttamente. Tranne che in due casi, manca la gabbia programmata dall'Unione Europea. In
altri casi, spesso si spara all'animale prima che venga sgozzato; in altri ancora si
solleva l'animale con un gancio ad una zampa posteriore, e quindi lo si sgozza. Vi sono
poi macellerie che si definiscono halâl, ma che acquistano invece le carni sul mercato
normale, spacciandole poi per carni pure. Soprattutto per queste ragioni nelle macellerie
del milanese non sempre c'è la garanzia della macellazione correttamente sciaraitica.
Perciò molte famiglie si uniscono (4,5, o più) e acquistano animali vivi (anche da
contadini, purtroppo senza garanzie di sorta) e provvedono personalmente alla
macellazione; e vi sono anche musulmani che acquistano consapevolmente carne macellata nei
modi italiani correnti. Ripeto, tutto ciò non lo dico per mia esperienza personale, dal
momento che come Vicario sufi mi occupo esclusivamente della parte spirituale e mistica
dell'Îslâm, e non delle sue realtà burocratiche; lo dico sulla base di quanto mi è
stato riferito da persone bene informate.
Occorre un controllo
autentico
Per questo andrebbe considerato un fatto di estrema importanza: la realtà
dell'Îslâm non corrisponde alla realtà del Cristianesimo. Quanto vien demandato dallo
Stato alle comunità cattoliche non può venir demandato in modo analogo alle comunità
musulmane. La gestione della realtà musulmana si può meglio suddividere in situazioni
territoriali socio-economico-politiche. Occorre cioè demandare la soluzione dei problemi
socio-religiosi ai vari Consolati (non alle varie moschee). Provvedano quindi i Consolati
dei paesi musulmani presenti a Milano alla nomina e al controllo dei rappresentanti e
degli addetti alla macellazione sciariatica; il problema sarà così risolto nel migliore
dei modi.
[conferenza del prof. Gabriele
Mandel ottobre 2002]
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