ISBN: 978-88-6030-614-2
Autore: Chamovitz Daniel
Titolo: Quel che una pianta sa
Sottotitolo: Guida ai sensi nel mondo vegetale
Collana: Scienza e idee
Argomenti: Scienza e Divulgazione scientifica
Pagine: 174
Anno: 2013 - See more at: http://www.raffaellocortina.it/quel-che-una-pianta-sa#sthash.VjCGA7Xy.dpuf

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In questo libro sono raccolte diverse introduzioni e commenti ai libri fatte da Nazzareno Venturi. E' presente anche un'ampia bibliografia ragionata sui libri che trattano il sufismo e un'altra sui sogni. Disegni umoristici dell'autore.

 (ogni trascrizione completa o parziale dei saggi presenti sul caravanserraglio, essendo provenienti da pubblicazioni copyright, può essere fatta solo tramite autorizzazione )

 

 

Tratto da "INTRODUZIONI E COMMENTI AI LIBRI" di Nazzareno Venturi  ©

Commento al testo di Daniel Chamovitz : "Quel che una pianta sa"

 

E' un libro eccellente quello del biologo Daniel Chamovitz, direttore del Manna Center for Plant Biosciences all’Università di Tel Aviv. In esso dimostra che pur mantenendo un impeccabile rigore scientifico ci si può aprire a una visione che supera il meccanicismo positivista, l'unica filosofia che secondo alcuni garantirebbe un approccio realistico alla scienza. Indubbiamente il riduzionismo positivistico ottocentesco ha fatto bene alla ricerca in quanto rivolgendo l'attenzione all'aspetto meccanicistico del fenomeni e non inficiandolo di presupposti ideologici ha permesso un avanzamento delle scoperte straordinario. Ma il mezzo si è confuso col fine per cui  la metodologia scientifica è stata inglobata con gli assunti della filosofia positivistica. Il mondo e la vita sarebbero esclusivamente un meccanismo nato dalla casualità. Anche la consapevolezza sarebbe il risultato di fortuite combinazioni atomiche e molecolari. Fatto sta che essa risale ben oltre la specie umana, come dimostra il libro di Chamovirz: anche una pianta ha il suo tipo di sensibilità, di memoria e di consapevolezza (seppur arcaica, l'Es di Freud o biopsiche). Gli esseri umani condividono coi vegetali  diversi geni simili che hanno mantenuto la loro funzione come nel mantenere il senso dell'orientamento,  del movimento e della percezione luminosa. Si può perfino rintracciare nei vegetali un'ancestrale rete neuronale.

Il libro per quanto possa apparire a chi non è addentro alla biologia come ricco di sorprendenti rivelazioni in realtà non si concede alcuna fantasticheria, anzi con rigore  tende a far pulizia  della letteratura pseudiscientifica sull'argomento. Per esempio Chamoviz, in un paragone con l'essere umano e i suoi sensi, si domanda  se una pianta ascolta. Dopo aver evidenziato la poca credibilità scientifica di chi asserisce che le piante amano Mozart e non il rock conclude che allo stato attuale della ricerca "l'ascolto delle piante"  sembra  ridursi all'effetto della vibrazione, dannosa se eccessiva. L'autore comunque lascia aperto il discorso a ulteriori verifiche giacchè non solo altri ricercatori ma l'esperienza di alcuni coltivatori invogliano ulteriori indagini.   In questo capitolo, però,  come nel resto del libro, rimane da esaminare un punto di vista che non è stato neppure preso in considerazione ed è questo: mentre giustamente il ricercatore evita ogni interferenza soggettiva capace di invalidare i risultati, paradossalmente si elimina chi ha determinato gli effetti in esame ( nello specifico la risposta positiva delle piante a certe melodie e ritmi). In altri termini la  domanda è questa: la pianta può essere indotta a reagire in un certo modo dalla sensibilità delle persone? Esattamente come l'empatia che può verificarsi tra un uomo e un animale induce quest'ultimo a un comportamento ben diverso se non ci fosse, questa potrebbe verificarsi con le piante. E' solo una ipotesi ma perchè scartarla a priori? Del resto ci sono anche di mezzo gli umori chimici che l'uomo emette sulla sua pelle e che potrebbero essere percepiti dalla pianta. Non è da escludersi che l'effetto Mozart sia reale ma per via dell'osservatore.

Anche un altro punto di scetticismo dell'autore può essere discusso. Questo a proposito della presunta impossibilità della pianta di stabilire una sorta di legame con chi la cura Se la pianta ha una memoria e un sensibilità tattile come si può negare che non ricordi anche gli umori e la stessa vibrazione della mano o della voce di chi l'accudisce? E'  una domanda non una affermazione. Resta il fatto che i suoni passano il corpo materico e le vibrazioni possono incidere su di esso, animale, vegetale o minerale che sia. Sarebbe un campo da esplorare tenendo anche conto delle ricerche di Rupert Sheldrake, direttore emerito del dipartimento di biologia del cellulare  del Clare College di Cambridge. Del resto la teoria dei campi morfogenetici anche se contrasta con gli antichi dogmi meccanicistici (ma nessuno esclude che non ci sia "anche" un meccanicismo dietro i fenomeni), non vuole sottrarsi all'esperienza e all'osservazione, anzi è proprio per i dati esperienziali che  viene sostenuta. Comunque sia ogni realtà, fisica o o biologica, è una manifestazione dell'energia e ogni oggetto fa parte di un "campo di energia" con cui interagisce.  E' solo una traccia da seguire, per lo meno da parte del lettore, a completamento del libro.

Scrivendo queste cose mi sovviene un ricordo personale, quindi senza alcun valore scientifico, ma la vita è fatta di esperienze che se custodite e memorizzate correttamente, danno un senso anche affettivo ai propri studi. Io, da ragazzo, avevo un "vecchio amico" di nome Antonio che spesso andavo a trovare nel suo magnifico giardino abbinato a un orticello e ad un ordinatissimo pollaio . Una variegata serie di piante da fiore genialmente disposte sul terreno o nei vasi su assi di legno fissate ai muri (soprattutto gerani, dalie e begonie) coloravano e profumavano l'ambiente. Spesso la gente si fermava a guardare quell'incanto oltre a far due risate con quest'uomo simpaticissimo e bonario. Quando questo morì ultraottantenne, e tutti gli abitanti locali se lo ricordavano tra loro, i suoi due fratelli continuarono a occuparsi del giardino con le stesse mansioni (già lo facevano quando era in vita, in certe occasioni) ma...passarono pochi giorni e tutto cominciò ad avvizzire. Volendo si può ricercare qualche ragione come una pioggia acida, ma quel giardino con Antonio era sempre stato un gioiellino fino al giorno della sua morte.

Comunque sia ritorniamo al nostro libro che nell'ultimo capitolo si apre a ottime riflessioni dopo aver constato  le ritrosie di certi ambienti scientifici legati alle vecchie impostazioni. Pur non concedendo nulla a fantasie la vita ci appare una realtà ben più profonda e complessa che un complesso di molecole avvitate dal caso. L'epigenetica ha dimostrato che i viventi fanno esperienza e reagiscono in modo intelligente trasmettendo l'informazione alle generazioni future. Il DNA è modificato attivamente dall'interno, diremmo dal "vissuto". Lamarck aveva ragione almeno quanto Darwin.  Ecco che si dispiega un modo filosofico diverso da quello positivista: "L'intelligenza o la consapevolezza potrebbe essere una proprietà del vivente".

In un certo senso il positivismo condivide lo stesso dogma delle religioni nel loro aspetto popolare: c'è voluto un colpo di bacchetta magica per dare l'inizio alla vita e alla consapevolezza, si ricorre insomma a un dio  esterno che si può chiamare anche "Caso". Ecco che come Pinocchio prende vita e parola quell'animale diventa cosciente. In realtà deve esserci una continuità che probabilmente supera anche il confine tra minerale e vegetale: cosa c'è di strano se ipotizziamo che l'energia stessa abbia in sè la consapevolezza in una forma che gli esseri hanno ricevuto ognuno in modo "diverso"?  Perchè l'energia e il suo derivato materico dovrebbero essere un "qualcosa" di assente a se stesso,  con lo stesso valore del nulla? Del resto non siamo anche noi che la investighiamo parte di questa stessa energia? Non è invece più strano ipotizzare che essa ha aspettato infinite mutazioni casuali del suo stato per prendere in noi una imprevedibile consapevolezza? Quest'ultima poteva benissimo non verificarsi mai lasciando l mondo inconsapevole, un mondo di "mattoncini lego" nel caos. Ma  il Dio Caso ha provveduto dando a qualcosa di incosciente nel nulla una direzione, un senso, una domanda, quella stessa delle cosmicomiche di Italo Calvino.  Insomma un ateo, il  credente del Caso, deve avere tanta fede, almeno quanto quella di chi immagina il suo Dio come un papà onnipotente su qualche nuvoletta.  Apparentemente il riduzionismo positivista elimina tanti problemi, sembra tutto più più facile: siamo solo corpo, tutto è un meccano, non c'è anima e misteri. Mangia, bevi e goditi la vita. La responsabilità e l'etica sono solo un optional. Ma non è pure questo un modo di illudersi?

Che filosofi come Parmenide, Plotino, Spinoza, Leibnitz e Rosmini avessero colto nel segno quando pensavano ( ma è un "sentire" non un pensato astratto) l'Essere come una realtà preesistente? Che la cosmogonia della Schakti, l'Energia primordiale dell'Induismo o il concetto stesso di Logos indichino il giusto modo di rapportarsi alla Realtà? Rimane il fatto che questa vita che l'uomo distrugge moltiplicandosi in modo incontrollato (inquinamento, antropizzazione a danno degli ecosistemi) in realtà è un tutto che sente e comunica. L'uomo col suo mondo di macchine e di realtà virtuali se ne allontana sempre di più. Se è vero che le religioni hanno leggende e miti fantastici, dottrine sovente in antagonismo tra loro,  forse è anche vero che nella loro sostanza  ci comunicano  quel mistero del Dio Vivente, del sacro la cui mancanza ci porta lontano da noi stessi, a morire nella nostra stessa essenza. Così quello che sembrava un eccesso ricordato dall'autore, "il rispetto degli alberi" voluto da una norma svizzera, si traduce in un simbolo da cui sarebbe forse alienante tirarsi da parte.

NAZZARENO VENTURI

 

 

Chamovitz Daniel
Daniel Chamovitz, biologo, dirige il Manna Center for Plant Biosciences all’Università di Tel Aviv. È autore di scoperte rivoluzionarie nell’ambito della biologia delle piante, e le sue ricerche sono state pubblicate sulle riviste più prestigiose. - See more at: http://www.raffaellocortina.it/quel-che-una-pianta-sa#sthash.VjCGA7Xy.dpuf

 

 

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